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Un'altra pelle
La poesia haiku è un genere letterario legato e intimamente connesso alla
componente naturalistica: ne consegue, logicamente, che un buon haijin dovrebbe
farsi fine osservatore di tutto quello che può essere catalogato come
“dato o
evento naturalistico”. Questo è ancor più vero se teniamo presente che,
nella
poesia haiku il riferimento stagionale (kigo/kidai) è veicolo del sentire e dei
moti d’animo dello haijin.
Comporre un buon haiku non è tanto scrivere, bensì osservare con attenzione: un
vero haijin dovrebbe anzitutto fare propri i valori estetici tipici del genere
poetico preso in esame oltre che familiarizzare con le principali tecniche
compositive di questa forma di poesia (sottotipi di toriawase, ichibutsujitate,
posizione del kireji, uso del chūkangire, ecc).
Nella poesia haiku, al pari di quanto avviene anche in altre arti giapponesi, «less
is more» (meno è meglio), uno haijin, che voglia essere riconosciuto tale, deve
togliere, sottrarre e, in un certo senso, destrutturare gran parte delle nostre
sovrastrutture mentali: tutto quello che un poeta di haiku necessita è «meno».
Il registro linguistico che uno haijin adotta nei suoi componimenti, come si sa,
è semplice, ma non elementare, privo di fronzoli e retorica; le immagini
presenti, variamente combinate fra loro (toriawase), che vengono proposte al
fruitore delle poesie haiku devono essere concrete e molto raramente egli
dovrebbe ricorrere a immagini astratte. Un poeta di haiku non parla né al
passato né al futuro, ma è solo e sempre immerso, così come ogni buon
componimento creato dalla sua penna, nel presente, nell’<i>hic et nunc</i>.
<p>È
la crisi della poesia del modernismo quello che questa poesia haiku di Edith
Dzieduszycka mette in vetrina, la poetessa segue il principio della libera
perifrasi, non più le antichissime e nobili regole dello haiku classico: in
Dzieduszycka posta una parola, un oggetto, segue la perifrasi, che dà una
analisi di quell’oggetto lontana molto spesso dalla ragione narrante del
modo
tradizionale di fare haiku. La poetessa franco-italiana mette in opera una
de-figurazione delle regole dell’haiku. Con il crollo della coscienza
quale
luogo privilegiato della riflessività del soggetto, è crollata anche
l’arte
fondata sulle fondamenta di quel luogo, ergo, crisi della rappresentazione
prospettica e crisi della rappresentazione <i>tout court</i>. La mancanza di un
Principio è diventata una petizione di principio, la disseminazione è diventata
il luogo dell’erranza; il soggetto è diventato una traccia; la poesia, il
romanzo, le arti figurative, il cinema sono diventati i luoghi dove si racconta
ciò che ci narra la cronaca: la narrazione giornalistica della crisi.
L’arte
diventa comunicazione del comunicato, comunicazione della «privacy», delle
storie personali, non più dell’incomunicabile, non più di ciò che ci dice
l’indicibile, il lato nascosto, in ombra dell’esistenza. Edith
Dzieduszycka è
sostanzialmente una poetessa dell’esistenza e del modernismo, rimane
ancorata ai
principi cardine delle poetiche del modernismo, come appare chiaro in questi
ultimi suoi tre volumi.
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Recensione |
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