Le ultime poesie
del Maestro Licio Gelli:
tra sentimento
e tempo
Un titolo
estremamente
significativo,
quello che
Liceo Gelli ha dato
alla
sua raccolta
poetica:
Le
ultime
poesie del Maestro
Lucio Gelli.
È
una raccolta che
raggruppa
un itinerario
intenso ricco di
esperienze
ora positive ora
negative.
Ma sono le
esperienze
negative a spingere
il nostro a dare un
titolo così
emblematico?
Sicuramente la
risposta ci giunge dai versi che più volte
riportano la parola
‘passato’, ed è dal passato che partono i
filami di una
esistenza travagliata, quindi non voli pindarici
verso mondi
indefiniti, ma verso situazioni concrete vissute
in prima persona.
Verso dopo verso il lettore si sente
partecipe di una
confessione interiore che mette in relazione
individuo-esperienze
e individuo-dolore. Tale necessità
è riconducibile alla
necessità di fare ordine dentro il proprio
cuore. Attraverso
l’opera poetica il lettore carpisce la
pragmaticità delle
esperienze, che però non hanno mai
messo in secondo
piano i veri valori della vita rapportati
agli affetti verso
le persone care, con all’apice la famiglia.
Ed è il dolore che
diviene sinonimo di ansia e di nostalgia.
Il Poeta, certo del
suo dolore, non cerca mediazioni, ma
piuttosto la chiave
per poter aprire una nuova porta da dove
poter intraprendere
la strada per la
ricerca di
memorie.
Questa concezione
della vita che scorre consente a Liceo
Gelli di permeare la
poesia della sua storia personale attraverso
la forza del
ricordo, perché
Uno strano
presagio oggi
spruzza nei
pensieri / nel punto dove i gabbiani adagio irritano
il cielo / e
mi ristora ricordare il caro sapore
dell’infanzia / come ora bevo cognac per scaldarmi il cuore,
come scrive nella
lirica “Le anonime angosce”.
Invidio quel
gabbiano che vola verso l’orizzonte
forse in cerca di
cibo o di un’isola dove riposare,
così ogni volta si
ripropone il mistero della vita.
L’amore è miraggio,
un orizzonte irraggiungibile,
è una speranza alla
ricerca di un sogno effimero;
ma tu, Signore,
distingui bene questo mio pianto
e non mi abbandoni
nel deserto delle passioni.
Fai brillare i miei
occhi coi colori della speranza
e illumina il poco
tempo che Tu mi hai concesso
affinché io ricolma
di serenità questi miei giorni
che eccedono prima
di condurmi al Tuo cospetto.
Gli occhi oggi mi
lacrimano sugli amori antichi
sui dolori veri e su
quelli inventati che raschiano
il volto delle
troppe ombre segnate e dei peccati
che in gioventù mi
hanno costretto a trasgredire.
Forse le mie erano
dicerie cadute nel crepuscolo
oppure erano lacrime
taciute senza finite forme,
o forse erano solo
il richiamo di ignorati sentieri
che irretivano con
forza la mia storia quotidiana.
Oggi agogno di
dimenticare le anonime angosce
e quei visi
familiari raggrumati nell’afa del sole,
ora cerco dorati
gesti che già disegnano nell’aria
un arabesco amico
che possa vivacizzare la vita.
Uno strano presagio
si spruzza nei pensieri
nel punto dove i
gabbiani adagio irritano il cielo
e mi ristora
ricordare il caro sapore dell’infanzia
come ora bevo un
cognac per scaldarmi il cuore.
Il ricordo è un tema
che ricorre in tutta
la
raccolta, ricordo
che lo
porta alla sua
Wanda, ai
figli, ai genitori,
alle
giornate liete,
perché di
ricordi è intessuta
la
trama della vita, il
presente
è solo un attimo e
l’avvenire è
impensabile
ed allora
Anch’io
passerò
la soglia
per varcare
il silenzio
/ e ritroverò la
luce fulgida
dei tuoi occhi,
amore, /
esserti allora
accanto sarà
un desiderio enorme; sarà come costruire
un sogno
sulle ali del tempo,
scrive ne “I cancelli della
notte”. Ed è il
tempo visto nel suo significato filosofico
composto da
un’estensione passata e di un’estensione futura
che la poetica di
Gelli consente di affermare come attraverso
la forza della
poesia sia possibili riflettere
sull’indefinibile e
l’inesistente che i poeti hanno sempre da
far vedere. Quindi
la necessità di trovare conferme e partendo
dall’infinito
raggiungere il finito, quella dimensione
dove poter vivere in
armonia senza cancellare il passato
assieme a coloro che
ti hanno voluto bene.
In questo processo
c’è la valenza del sentimento che è
un altro punto
cardine dell’opera gelliana, che invita a dare
anche delle risposte
ai dubbi perché solo così si potrà raggiungere
la cartesiana
conoscenza: “Dubium sapientiae initium”.
Partendo da ciò si
ha la risposta del metodo della chiarezza
e del chiarire che
invita a comprendere la realtà nei
grandi binomi:
vita-morte, dolore-gioia, amore-odio, angoscia-serenità,
concatenamento di motivi diversi che in ogni
lirica vengono
trasfusi, come pure il presagio della morte:
E
così inizio
a misurare il tempo che s’accorcia / e a contare
le ore che
mi restano da consumare,
in “Un vecchio stanco”.
Interessante è anche
come Gelli dinanzi alla fugacità
della vita si avvale
della poesia per ripercorre la sua storia
personale nel suo
complesso cammino, perseguendo
l’obiettivo che è
soltanto ‘fra gli uomini un uomo’, per dirla
con Saba. Difatti in
molte liriche c’è il superamento della
barriera intima per
aprirsi ai lettori con ‘una confessione
pubblica’:
La mia
storia è stata coronata da acerbi dolori /
e da calde
gocce come lacrime di un clown, / è la storia
che ha
lanciato i suoi richiami al cielo / senza mai procurarsi
una risposta
rasserenante.
(“Aforismi d’altri tempi”).
La memoria gioca un
ruolo importante nella poetica di
Gelli, dando vita ad
un elegia autobiografica di grande
spessore. Difatti
sovente nel ripercorre le proprie esperienze
il Nostro parla del
passato, ora in modo esplicito ora
sottointeso, ma pur
sempre è il punto di partenza per poter
ancora affrontare un
nuovo giorno, con la saggia consapevolezza
che gli anni
inesorabilmente passano e lasciano
tracce profonde
nell’animo. E quando il Nostro parla dello
scorrere della vita,
lo fa avvalendosi di una complessa simbologia,
così come in
Una tazza
di lacrime.
Il poeta nel suo
colloquio con il
Signore parla dei suoi giorni ora
attaccati ad
un filo
arrugginito,
ora che
circolano
sulle dure rotaie di un
treno.
Notevole è anche il paragonarsi ad un albero spoglio.
L’albero, immagine
della vita, privo di foglie, diventa stereotipo
dell’attesa, in
vista di una nuova primavera.
Signore, vorrei
esibirti le lacrime che cascano
sul mio viso che
partorisce fantasie sofferenti
vorrei mostrarti la
pena che perdura nel tempo
in questi giorni
attaccati ad un filo arrugginito.
Crollo nella pietà
degli altri come un clochard
che riporta con sé
l’aroma e il canto della vita
il tempo scorre in
una profusione senza pietà
e sembra che i
giorni mi carezzino con bontà.
Il cuore oggi
disloca da una solitudine all’altra
e nell’aria sfornita
di luce già ricadono le ore,
mentre i ricordi
bruciano nei campi del cuore
come granoturco
inquieto sotto il sole rovente.
Gli anni circolano
sulle dure rotaie di un treno
impazienti di
raggiungere la prossima stazione
e la pena che ne
nasce affonda radici nel cuore
mentre il tempo
sfuma come un sogno fugace.
I sogni si
smarriscono nelle pieghe della notte
e il disagio della
vita entra fin dentro il cuore,
le mani stringono
una tazza di lacrime e la vita
diventa come un’auto
annosa di seconda mano.
Non so perché
stasera il cuore è in confusione
e i pensieri spesso
si procreano così marmorei,
in questa oscena
solitudine nasce una clemenza
che dissemina
l’anima nella foschia della brina.
Resto come un albero
spoglio in un viale solitario
aspettando che
qualcosa mi elettrizzi lo spirito
non l’usata
sciatteria che mi nasce in quest’ora
bensì una certezza
che mi elargisca serenità.
Leggendo le sue
poesie emerge l’io di un uomo che con
molta umiltà
ripercorre le sue angosce, cercando di dare loro
voce e forma, ed in
questo itinerario emerge la fede di Gelli,
non frivola o
proforma, ma come valore e mezzo per interloquire
con il Signore, al
quale si rivolge con il cuore aperto:
È giunta
l’ora di un resoconto della mia vita / e quindi mi
tocca
redigere un bilancio onesto, / mi sbrigo a fissare i
confini del
mio cammino, / a chiudere perdono a Dio delle
mia
mancanze. Sono versi che,
avvolti da tristezza, si fanno
confessione ed
evidenziano come nella raccolta, oltre all’uomo
poeta, c’è anche
l’uomo che crede nel perdono di Dio.
I molti contenuti
del “libro del Maestro” sono oggetto
di riflessioni
perché sono la sintesi di un percorso esistenziale
che mira a
raggiungere la conoscenza. Infatti dissertare
sulle poesie di
Licio Gelli significa porsi su due livelli: il
primo quello della
constatazione inevitabile delle esperienze
di vita e il secondo
la forza sociale della poesia, perché
per Gelli la poesia
è “sempre fonte di risorsa e di ripresa
morale di un
popolo”, quindi di ogni singolo uomo.
A conclusione è bene
evidenziare come le sue poesie
vanno lette da una
parte quale valenza di testamento morale,
dall’altra come
l’inizio di un nuovo percorso, secondo
quanto scrive Amos
Cartabia nell’introduzione: “La raccolta
Le ultime
poesie del Maestro Licio Gelli
vuole essere
la chiusura di un
percorso letterario iniziato anni fa e, nella
speranza di vedere
nuove immagini letterarie, dobbiamo
oggi assaporare le
emozioni forti ed i sentimenti veri che
queste poesie ci
trasmettono con cuore e con passione”.
Aforismi d’altri tempi
Ho beneducato i
figli come meglio non potevo,
ancora oggi se
potessi darei loro anche la luna,
racconterei favore
per coprire le loro amarezze
e abbraccerei tutto
il buio e tutto il loro dolore.
Il cuore ora mi
diventa piccolo come bambino
in un mondo che è
troppo spopolato d’amore,
dove più non
brillano fregiate luci nelle strade
e nel buio gli animi
dei più sono pieni di paura.
La mia storia è
stata coronata da acerbi dolori
e da calde gocce
come lacrime di un clown,
è la storia che ha
lanciato i suoi richiami al cielo
senza mai procurarsi
una risposta rasserenante.
Oggi il vento si
inserisce entro le mie memorie
ma poi si allontana
per inseguire le rondinelle
e mentre io mi
lamento nelle strade dei ricordi
tornano alla luce
parole e aforismi d’altri tempi.
Lacrime oneste
cadono nel girotondo dei giorni
mentre io mi
trastullo dentro un mare di timori,
pure nella vita non
ha mai fatto male ad alcuno,
cercando sempre di
rendere ottima la vita altrui.
Durante i bagliori
finali del giorno ho ascoltato
le stridenti voci
delle rondini sopra la villa;
e il grido della
vita che sfidava la sera nascente
e parlottava con gli
alberi e con i rami innevati.
La sera ora avvolge
la prigionia della solitudine
e la speranza si
raduna lungo un muro d’ombra,
chissà se domani la
vita mi offrirà nuovi favori,
intanto per ora
stringo la mia anima tra le mani.
I cancelli dell’alba
Oggi il mio cuore si
veste nuovamente di poesia
e mi meraviglia che
alla mia età conservi ancora
la voglia di
devolvere agli altri il mio messaggio
d’amore più volte
sereno come la luce della luna.
Ora scivola su di me
tutta l’afflizione delle stelle
come a ricordarmi
che l’universo è grandissimo
e che io non sono
che un piccolissimo bruscolo
di terra che attende
di tornare al luogo d’origine.
L’umanità è confusa
e cerca i valori del passato,
le parole umane
formano pensieri senza più luce
e anch’io mi ritrovo
sperduto come un gabbiano
quando il mare si fa
avaro e non dona più nulla.
La gente non sa dove
va, ma ha fretta di arrivare
e si scruta tutto
intorno senza sapere il perché,
hanno tutti gli
occhi stanchi e umettati di pianto
mentre la loro mente
cerca conforto nel passato.
Come sarebbe bello
se tutti mirassero il tramonto
senza farsi sedurre
da bugiardi e focosi splendori
che racchiudono i
cuori in scrigni di false felicità
creando un mondo in
cui non c’è alcuna salvezza.
Pure ogni uomo
trascina con sé un pezzo di cielo
per dipingere di
svariati colori il volto del cuore,
per degustare nella
mente i messaggi del silenzio
che si appressa al
deserto come un’oasi di pace.
E lascio al vento
qualsiasi acuto ricordo e rivesto
il cuore con l’abito
della festa, anche se le parole
vanno oltre i
silenzi per aprire i cancelli dell’alba
che riporterà con sé
il colore neutro dell’eternità.
La tua voce
Stasera ammiro le
stelle senza togliere lo sguardo
dal cielo che sembra
volermi annunciare qualcosa
ed ascolto il
richiamo della tua voce ormai silente
come quando il tuo
ultimo respiro seguiva la luna.
La tua voce ardente
ora rimpatria dal mio passato
a donare calore e
luce nelle mie notti senza stelle,
è una voce che mi
aiuta a far morire i giorni duri
in cui senza abilità
bruciai tutti i miei sogni felici.
Stasera mi sento
solitario in mezzo a tanta gente
ed ascolto discorsi
per me inutili e privi di senso,
il mio cuore non
riesce più ad adorare altre cose,
mi sento un bimbo
trascurato dalla madre.
Sarà questa mestizia
che non si vuole distaccare
da una realtà
precipitata nelle ombre della notte
e ritornano ancora
una volta i miei sogni bruciati
così mi riscopro
perduto sotto il manto del cielo.
Per incitarmi mi
specchio nella vanità delle cose,
rinuncio ai sogni
inutili che non servono a nulla,
inseguo chimere che
hanno il sapore dell’ignoto
e completo infiniti
gesti coperti di penosi sorrisi.
Stasera mi nascondo
nella penombra delle stelle
che stranamente sono
parecchio affabili con me
e mi portano il mio
passato sulle ali d’un sogno
gioviale che
rincorre se stesso senza morire mai.
Ora mi sento
attonito e sterile in questo silenzio
mentre la mano cerca
il gesto di un tenue sorriso
per colmare i miei
giorni persi nell’attesa di cose
morte da tempo,
disperse nel fiume della mente.
Come foglia morta
Il tempo mi copre i
capelli con un velo bianco
ma io non me ne
occupo troppo e vado avanti,
alla mia età elaboro
ancora cantiche accettabili
perché il cuore non
riconosce il tempo incerto.
Da tanto non ho
amici a cui riferire del dolore
che doma l’anima e
il cuore, le parole sfumano
tra tempo e memoria
e la vita cede alle sferzate
del vento che mi
assale come se fossi foglia morta.
Io sono ormai come
un albero che non nasconde
tra i suoi rami
nuove verità e che sente la voce
di ogni umano
richiedere giustizia supplicando
la luna che più non
allieta i sogni degli amanti.
Come seguaci di un
viaggio senza voce i pensieri
restano nella mente,
oltre i vetri la pioggia cade
dolente ed affoga
nel selciato i ricordi più belli.
A mani nude mi
immergo nei sogni e ... corro.
Il tempo si è
fermato sulle parole in uno spazio
vuoto e senza sole e
i giorni sono anelli di una
catena che mi pesa e
mi strangola i pensieri, fa
cadere un filo
d’argento sulle curve del cuore.
È giunta l’ora di un
resoconto della mia vita
e quindi mi tocca
redigere un bilancio onesto,
mi sbrigo a fissare
i confini del mio cammino,
a chiedere perdono a
Dio delle mie mancanze.
Non è facile
catalogare i ricordi della mia vita,
sommare i sacrifici,
gli amori, tutte le austerità
che si sono
accavallate nel percorso degli anni
e riscoprire che il
cuore ancora spera qualcosa.
La sfida finale
Proprio oggi i rami
dell’olmo svelano giocosità
quasi a volermi
donare un momento di serenità
il vento è andato
altrove a turbare nuovi alberi
e finalmente ora si
avvicina un’oasi di serenità.
Le luci della sera
battono più forte sul tramonto
e mi rinasce dentro
il desiderio di amare ancora,
nel cuore
germogliano nuove e calde sensazioni
ed un grido si perde
oltre orizzonti mai sognati.
E mi è di conforto
sfogliare l’album dei ricordi
entro cui ritrovo
tutte le mie emozioni passate,
ed in questa agitata
ricerca di remote memorie
mi perdo come
gabbiano che non trova il nido.
Passano i giorni e
s’alimenta l’esistenza senile
in questa materia
fatta solo di carne e di sogni,
la vita si arrotola
dentro gomitoli senza senso
e le parole vagano
come fantasmi senza meta.
Eppure, Signore, io
soffro la realtà del mondo
che come un’onda
trascina gli animi degli altri
dentro un tempo dove
esistono solo menzogne.
Dio mio, quanta
tristezza vaga nell’aria stasera!
Il silenzio cala un
muro dorato sui miei dubbi
e i ricordi bruciano
le certezze da tanto attese,
ecco, ora si fa
breccia una strada di flebile luce
che si insinua
dentro i ciottoli del mio giardino.
Ti prego, anima mia,
placa la pazzia del giorno
e fa che il fiato
della vita bruci più lentamente,
non cercare di
percepire l’ora della sfida finale
mentre il destino
infanga il muro dell’esistenza.
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