| |
Al suo terzo libro, intitolato Diario di bordo, lo
scrittore romano Riccardo Minissi conferma la sua originale poetica, secondo cui
i versi sono un modo per descrivere luoghi naturali e città con uno sguardo
lirico e descrittivo insieme che la prosa non consentirebbe di usare con la
stessa liberta espressiva e formale.
Questa poetica è già chiara nel titolo dei libri, pubblicati
finora da Minissi, il primo si intitolava, infatti, Appunti di viaggio, il
secondo aveva come titolo Immagini dal mondo e questa terza pubblicazione che
prosegue il percorso, iniziato dalle precedenti, si intitola Diario di bordo
e, come viene ricordato, nel retro di copertina del volume: “Il diario di bordo
era il quaderno degli avvenimenti giornalieri più importanti tenuto dal capitano
di una nave durante il viaggio di traversata e quindi per estensione è quel
taccuino esemplare degli appunti e delle annotazioni della propria condizione
esistenziale che si fa album della memoria critica e della testimonianza
comune.”
Col suo stile nello stesso tempo scorrevole e descrittivo
Minissi spiega ai lettori nella poesia d’apertura della raccolta che il suo
intento è: “Muoversi nella direzione Oriente-Occidente come l’equipaggio di un
veliero del Settecento che esplorava gli antichi oceani alla ricerca di nuove
terre e nuove civiltà, aggiornando i target e gli obiettivi del viaggio
virtuale, ventimila leghe sopra i mari, fra le contraddizioni e i problemi del
nostro tempo.”
Le poesie di Minissi sono dedicate, infatti, a luoghi reali
come nel caso di “Nubia”, “L’arte del vetro”, “Il treno di Bobbie”, “Le onde di
Maputo”, etc. ma anche a luoghi virtuali, come nel caso delle liriche
“Internauti” e “Telectroscope”. L’autore è, infatti, un tecnico informatico ed è
interessato agli sviluppi dei nuovi mezzi di comunicazione e ai viaggi virtuali
che questi ultimi permettono di compiere all’uomo contemporaneo.
Minissi non segue nei suoi componimenti schemi metrici
tradizionali e predilige versi lunghi che costituiscono testi simili a poemetti
narrativi, simili quasi a brevi racconti di viaggio, in cui l’autore vuole far
immergere il lettore, per condurlo attraverso tempo e spazio, in luoghi reali,
ma anche in luoghi della memoria, come nelle liriche “Echi di guerra” e
“Generazione 77”.
| |
|
Recensione |
|