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L’ultimo romanzo di Silvio Minieri,
intitolato Il ragno e la luna, è un giallo di carattere metafisico, come
spiega lo stesso autore nelle prime righe dell’introduzione: Il ragno e la luna è il racconto del soggiorno in
una Torino nebbiosa e irreale di Lafleur, uno strano ed enigmatico personaggio,
già implicato a Roma in un processo per omicidio di una giovane donna, che
rivela in questo tratto della sua esistenza inquietanti sintomi di un incipiente
squilibrio psichico: questo è il filo conduttore della storia raccontata. Ma un
sottosuolo più segreto accompagna parallelamente tutta la trama visibile di Il
ragno e la luna e questo sentiero nascosto, nel corso della narrazione, si
viene man mano manifestando dapprima sotto forma di interpolazioni incongruenti
con la fluidità degli avvenimenti, poi in affioranti interrogativi sparsi a caso
qua e là sul cammino, che diventano infine delle vere e proprie “voci”. Quali
sono questi interrogativi e che cosa rappresentano? Nella contemplazione
trascendente dell’attimo presente, essi rappresentano il dubbio, gli
interrogativi che la ragione si pone da sempre sul destino del “presente”, il
destino della storia e di tutte le storie dell’uomo, il destino del loro eterno
ritornare.”
Il libro non è un testo autonomo, ma è legato nella trama ai due precedenti
romanzi dello stesso autore: L’uomo camuffato e Il viandante nella notte.
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Recensione |
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