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Il
lavoro di un infaticabile ricercatore ha sempre portato, poi se si tratta di
Veniero Scarselli, a risultati di valenza dialogica al limite dello sconcerto
umano e umanistico nei suoi poemi tirati a lucido come tomaie di principi
immortalati da Lampedusa. Genesis è un poema che entra nel nostro mondo
impaurito e in cattive condizioni senza seguire una rotta, nessuna schermata di
preavviso, ma sgomitando e imprecando nascita, vita, morte del genere umano
mostruosamente in bilico al non-esserci, al rotolare verso l'abisso. Una vera
Genesi nella palingenesi rivoltata con tutti i sopravanzi di budella, fegati,
interiora, sempre più frutto di una mala nascita la quale ci accompagna alla
fine dci nostri giomi.
L'Homo Sapiens destituito e senza fama che si cala nella geenna di un male
cristocentrico; Scarselli é un dipintore di forme umane, di scheletri, di
manichini butterati, tutti parti da un solo comune denominatore: un Dio che non
si vede e che non salva l'uomo dalle pestilenze, dai naufragi; gli atomi di vita
sono pure compromessi e qui s'incarna e prolifica e vermifica una lenta
decomposizione. Poteva essere un Eden dice Scarselli e invece è una bolgia
questo Cosmo tumefatto, screditato, sclerotico, che invecchia nelle "cripte più
oscure e graveolenti". Se questo è un fantasma alla deriva di nome Terr, noi
siamo in rischio estinzione. siamo alla fine dei nostri cromosomi e tutti
insieme periamo nella pece della distruzione. Veniero Scarselli con questa
ennesima giostra calata nella putredine umana ha dipinto senza nascondersi uno
sconcertante mosaico di immanente fine del mondo: un pianeta finito e chi può si
salvi.
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Recensione |
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