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Anamòrfosi
Angela
Greco in Anamòrfosi, allontanandosi «da tutto un consolidato mondo chiuso
nella propria tradizione poetica, usurato, feroce e sempre pronto a stroncare
ogni nuova voce» (Premessa dell’autrice), sperimenta una nuova scrittura
poetica, diversa sia da quella di altre sue pubblicazioni sia da quella che
siamo soliti leggere. Giorgio Linguaglossa, nella sua illuminante Prefazione,
ne fa notare la particolarità, infatti, scrive che quella della Greco è «una
poesia, che varca la soglia della lirica per avviarsi verso una nuova struttura
sintattica e semantica».
Nelle
composizioni del libro, raggruppate in otto brevi sezioni che danno vita a un
poemetto, si avvicendano svariate scene e personaggi, maschere e voci. E molti
sono anche i dialoghi tra un uomo, il Maestro, e una donna, l’allieva.
La figura
del Maestro – personificazione del prefatore Giorgio Linguaglossa (ispiratore
della raccolta, nonché amico dell’autrice) – è saggia e razionale, quella
dell’allieva (la stessa poetessa), invece, si lascia trasportare dall’“istinto”
e dalla “creatività”. Il Maestro conosce la poesia e mentre guida la discepola
verso il suo rinnovamento condivide con lei il proprio sapere.
Durante il
tormentato e faticoso percorso creativo, la voce della stessa poesia, udibile da
entrambi, risuona tra i versi e «nascosta tra i sassi sussurra dalle macerie»
queste parole: «Spogliami come in un giorno di febbre, quando esplode il
corpo| e dentro è un inferno di inarrestabile calore, una volontà di evadere.|
Liberami da ogni superfluo dire che non sia la condizione profonda,| quando
affioro alle labbra contro ogni resistenza per divenire altrui…» (pp.
53-54).
E non solo
i personaggi dell’allieva e del Maestro popolano i versi lunghi di Anamòrfosi,
ci sono, infatti, anche quelli mitologici, letterari o realmente esistiti
(Amleto, Vincent Van Gogh, Orfeo, Euridice, ecc.). Perfino il Novecento,
secolo da poco terminato e che ha lasciato la sua eredità a «questo nuovo pezzo
di secolo», diventa un protagonista di questo poemetto, insieme al silenzio dal
quale nascono le parole, alla musica e alla danza, che mettono in evidenza la
fugacità della vita, come attestano questi versi: «Dopo tutto siamo solo un giro
di valzer» (p. 27).
Sia i
personaggi sia le maschere sono immersi in paesaggi e situazioni surreali,
compiono gesti carichi di significati da decifrare e si muovono in spazi
indefiniti, sfuggenti, onirici, nei quali la
percezione del reale si altera, il
senso e la misura del tempo vissuto si dilata, si restringe o si annulla
diventando assenza; la poetessa, infatti, si chiede e forse chiede a ogni
lettore: «quanto può durare un attimo?» (p. 40). Le loro presenze, così come
quella di uccelli ed elementi naturali, si caricano di significati metaforici,
mentre le immagini visionarie, e punteggiate qua e là di colori, conferiscono ai
versi una maggiore liricità e più leggerezza.
Angela
Greco, mentre in questo suo percorso formativo
tenta di afferrare la verità delle cose e l’essenza della poesia, non
solo dimostra di avere una grande padronanza della lingua e un’attenzione
particolare per l’eleganza formale, ma riesce anche a caricare la propria
scrittura poetica dialogica-narrativa (che sconfina spesso nella forma teatrale)
di sensualità, di senso di appartenenza al cosmo, di aspetti stranianti.
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Recensione |
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