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Bambina con draghi
Bambina con draghi di Renzia D'Incà è una silloge
complessa, labirintica, nella quale la visionarietà ha sicuramente una funzione
chiave per l’Io della bambina/donna alla ricerca di un equilibrio interiore, che
le permetta di allontanare i mostri (tra i quali «i draghi appunto con cui si è
misurata», come acutamente sottolinea nella prefazione Paolo Ruffilli) che hanno
sconvolto il suo passato, violando l’innocenza dell’infanzia.
Nei versi delle varie sezioni nelle quali è diviso il libro,
Affioramenti, Mesmerismi, Ipossie binarie, Parricidi, Dell’incurabile
guarigione, quindi, si può trovare un racconto esistenziale (forse
autobiografico) legato non solo al vissuto della donna protagonista, ma anche e
soprattutto al suo disagio psichico ed emotivo derivato dai comportamenti dei
genitori durante la sua infanzia. La parola scritta diventa un mezzo per
esorcizzare le sue paure, i suoi disagi, e scacciare gli spettri del passato,
affinché possa finalmente recuperare una stabilità interiore spezzata da eventi
traumatici. Per riuscirci, però, le dolorose memorie, che l’inconscio avrebbe
voluto confinare in un buio oblio, devono prima riaffiorare per essere guardate
in tutta la loro crudezza.
A tratti, il filo della storia si spezza, la realtà e l’irrealtà si
fondono per far posto a una dimensione onirica, nella quale frammenti di eventi
accaduti in passato (o in tempi più recenti) e visioni fantastiche si
intrecciano per dar vita a un flusso di parole e di immagini che a loro volta ne
evocano altre, in un susseguirsi altalenante di emozioni e stati d’animo. Viene,
però, sempre a galla la difficoltà di comunicare con l’altro.
Nel monologo, che si snoda attraverso le cinque sezioni di Bambina
con draghi, diversi generi di figure si avvicendano: da quelle umane (il
padre, la madre, ecc.), a quelle soprannaturali (angeli, demoni, ecc.) o
mitologiche o di animali fantastici (Antigone, draghi, lo Stregatto, ecc.).
Proprio a esse la protagonista/poetessa rivolge le sue domande piene di
inquietudine esistenziale, nelle quali, durante un doloroso percorso alla
ricerca di un’intima rinascita, la vita spesso viene affiancata dalla morte.
Si prova un forte senso di smarrimento e di amaro sbigottimento quando,
in questa sorta di atto liberatorio poetico, si leggono versi come questi
indirizzati al padre-drago (e a tutti i padri-draghi): «attendo la tua morte,
padre | la tua dipartita perché la tua di morte | sarà soglia e porta alla mia
sempiterna vita» (pag. 38); «io che ho imparato a camminare | in punta di piedi
per non disturbare | a stare in silenzio ad annullarmi || quando dentro bruciava
paura | ti maledico e uccido, padre ombra oscura | tu che mi hai intossicat/amata
sinecura” (pag. 43). Parole affilate come lame, pesanti come macigni, quelle di
Renzia D‘Incà, che racchiudono una condanna senza appello per chi viola
l’innocenza dei bambini.
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Recensione |
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