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Il sole provvisorio
Emanuele Giudice, autore
siciliano che ha al suo attivo numerose pubblicazioni, in questa raccolta dal
titolo Il sole provvisorio, con accurata prefazione di Stefano Valentini,
offre al lettore poesie nelle quali viene a galla la sua capacità di riflettere
sul senso precario e “provvisorio” della vita («Nasciamo | per cominciare subito
a morire», p. 99), con uno sguardo, solo a tratti, rivolto verso gli accadimenti
del mondo (Viva l’America).
Nocciolo, quindi,
dell’introspezione del poeta, raramente malinconica, è la precarietà
dell’esistenza, il suo lento e inesorabile scivolare verso la morte. Si nota,
infatti, in alcuni componimenti, lo smarrimento che prova nei confronti dello
scorrere inesorabile del tempo; in essi viene a galla anche il suo inquieto
rapporto con il passato e il presente, che riconsidera alla luce dell’esperienza
della propria vita e del proprio rapporto con l’altro. Si nota anche il suo
desiderio di sconfiggere il senso di vuoto, di solitudine, che scaturisce dalla
consapevolezza dell’incertezza insita nel futuro, nel tempo ancora da vivere. La
sua fede, però, nutre la speranza che quando i suoi giorni finiranno troverà il
proprio completamento nel divino, nell’infinito, nell’eternità (Ode a Gesù).
Nella poesia intitolata
Provvisorio (specchio del titolo e del tema principale della raccolta)
troviamo versi che ribadiscono con forza la transitorietà dell’umana
esistenza in contrasto con l’eternità di Dio: «Noi siamo il provvisorio | che
vorremmo uccidere in noi | e il definitivo che sogniamo di conquistare |
rubandolo a Dio».
Avere cognizione della finitezza
umana non annienta in Emanuele Giudice la sua sete di conoscere e di tendere al
futuro, anche se può nascondere delle insidie. E non incrina nemmeno il suo
amore per la vita e il suo desiderio di abbandonarsi al bisogno di esprimere i
propri stati d’animo e le proprie riflessioni attraverso la parola scritta,
nitida e scorrevole. Per mezzo della Poesia.
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Recensione |
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