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Fogli di speranza

“Je rencontre la vie | en m’inclinant à écrire | Ce qui reste | fait l’histoire | de mon salut“.

“Entre possible et réel, | comme un tamis | l’espoir se débarrasse | d’une partie indésirable | de la terre…”

Ma per addentrarci nel labirinto poetico di Annamaria Cielo (perché in ogni caso ogni itinerario poetico corrisponde ad un percorso labirintico) potremmo anche tornare con la nostra memoria agli antichi endecasillabi di Mario Luzi: “E’ tempo di levarsi su, di vivere | puramente. Ecco vola negli specchi | Un sorriso, sui vetri aperti un brivido, | torna un suono a confondere gli orecchi. E tu ilare accorri e contraddici | in un tratto la morte. Così quando | s’apre una porta irrompono felici | i colori, esce il buio di rimando | a dissolversi …”

Fogli di speranza, quest’ ultima raccolta poetica, pubblicata, di Annamaria Cielo è veramente nuova, per la sostanza dei suoi versi e per l’appartenenza profonda al ritmo della vita e della storia. Infatti qui la parola, attraverso la liturgia della scrittura (appunto: “Je rencontre la vie | en m’inclinant à écrire”), acquista una tempra cosmica, che riesce ad incastonare le passioni e le tensioni del sé in un viluppo generale, che è di natura e di umana vicenda, di zoé, di bios, di psyché. C’è un ritmo interno che governa questi versi, tenuti assieme dal filo della dimensione etica della speranza. “Sperare è come avere | pietà di sé.” “Con ogni uomo | viene al mondo la speranza.” “Cara speranza. | Si va in te | come in una chiocciola | dopo la pioggia…”. “Amo la speranza incerta | per l’ansia rannicchiata e sola.” “Quasi speranza | in foresta la vita | chiede il sole.”

Non si tratta tanto di un sentimento, quanto piuttosto di una percezione strutturale delle cose, del mondo, solo qualche volta si chiama speranza, è una sorta di adesione al movimento dell’essere in quanto tale. Per questo ha bisogno di sciogliersi nella trama dei versi, ora secca e ultimativa, ora musicalmente fluida.

Ciò che desta alla fine meraviglia è che questa ultima ricerca di Annamaria Cielo possa venir collegata nella riflessione interpretativa a due grandi filoni del pensiero europeo, che normalmente non si scomodano per la critica poetica, quello di Der Prinzip Hoffnung (Il Principio Speranza) di Ernst Bloch e quello ancora più “nascosto” di Wiederstand und Ergebung (Resistenza e resa) di Dietrich Bonhoeffer. La speranza sottesa ad ogni fase della vita, dura o dolce che sia, la resistenza alla banalità, alla vita piatta e conforme, la resa alle pulsioni della vita, intese anche come destino. E come non riandare all’andatura commossa, esistenzialmente commossa, consapevole di speranza di felicità e consapevolezza della precarietà, di questi versi di Eugenio Montale: “Felicità raggiunta, si cammina | per te sul fil di lama. |Agli occhi sei barlume che vacilla, | al piede, teso ghiaccio che s'incrina; | e dunque non ti tocchi chi più t'ama. | Se giungi sulle anime invase | di tristezza e le schiari, il tuo mattino | è dolce e turbatore come i nidi delle cimase. | Ma nulla paga il pianto del bambino | a cui fugge il pallone tra le case.”

Lo stesso Ernst Bloch scrivendo a proposito della scansione del pensiero di Nicola Cusano ci aiuta a capire le ragioni della poesia, vale a dire, in altre parole, della visione, che abbiamo ritrovato anche in Fogli di speranza, all’interno del processo conoscitivo: “…”sensus”, “ratio”, “intellectus”, “visio”. Il “senso” presenta solamente oggetti confusi; l’“intelletto” tiene distinti, secondo il principio di non contraddizione, gli oggetti in contrasto, la “ragione” vede gli opposti come fra loro; la “visione” li vede coincidere in una unità infinita. In tal modo era costruito questo “Gradus ad Parnassum” (con il termine Gradus ad Parnassum Salita al Parnaso, il monte residenza delle Muse, era chiamata la raccolta di 100 esercizi pianistici di livello avanzato che il musicista Muzio Clementi compose a scopo didattico), vale a dire questo ingresso nel mondo dell’arte e dunque anche della poesia.

Recensione
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