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Superato con baldanza quello che
dantescamente era il termine “del cammin di nostra vita”, Scarselli ha dato alle
stampe tutta la sua opera poetica, fatta di soli poemi, imboccando la via della
testimonianza, della coscienza, della domanda, e confrontandosi con il sovrumano
e l’eterno. Il volume è stato definito “opera omnia”, una “summa” definitiva
dell’opera di una vita, ma trattasi invece, per come l’Autore stesso
puntigliosamente la classifica, di “opera infinita”, in quanto sempre
suscettibile di continuazione e perfezionamento.
Come ben appare anche da queste brevi
notazioni preliminari, Scarselli ha sempre sentito il bisogno di prendere le
distanze dalle novità poetiche, dai gruppi avanguardisti con i quali gli è stato
dato di imbattersi nel corso della sua lunga attività, gruppi sempre pervasi
dalla nuova retorica, dal conformismo ideologico. Scarselli non è funzionario
degli ismi, secondo l’acuta definizione di Luciano Erba, bensì autore votato ad
una scrittura seria e composta, e da sempre ha perseguito la fisionomia di una
lingua che egli vuole fortemente riaffermare nella letterarietà delle parole e
nella struttura stessa ridandole il vigore che dal secolo scorso – a suo
giudizio – le è mancato. Perciò in ogni momento la sana provocazione di
Scarselli può dare stimolo ad un discorso sulla poesia in genere, nonché
sull’attuale stato di salute della lingua italiana, che sopravvive in mezzo a
tante ambiguità e tante incertezze; non ultimi, fra gli elementi inquinanti,
quelli recati dagli SMS dei cellulari. Provocazione che chiama affettuosamente
in causa la maggior parte dei poeti “minimalisti” e “intimisti”, calati – a
parere di Scarselli – dentro un nuovo romanticismo.
Nella necessità della sua confessione
Scarselli ha bisogno di un linguaggio immediato, cristallino, limpido, altamente
comunicativo, e a questa esigenza l’Autore risponde con i suoi poemi, che non
sono mai statici poiché i sentimenti esigono sempre nuove domande, e gli
interrogativi che tutti si pongono implicano nuove risposte agli eventi che
sopraggiungono ineludibili. In Scarselli è strettissimo questo rapporto tra la
parola e gli eventi, senza dover introdurre alcuna manipolazione del linguaggio
ma solo lasciandosi coinvolgere dalle domande che ciascuno drammaticamente si
pone. Tutti i poemi perciò non sono un insieme di poesie, ma parti collegate ad
un tutto in un respiro poematico, una narrazione organica, e tutti sono anche in
un certo senso legati uno all’altro susseguendosi in un processo di elevazione e
trasfigurazione che mantiene la sua limpidezza letteraria pur tra vive immagini
e metafore. L’esito finale è il ritorno all’autenticità della vita, con cui
forse recuperare quell’immortalità che altrimenti non è dato ottenere.
Nell’architettura mentale di Scarselli il tempo non ha le usuali cadenze e
sconfina quasi nelle liturgie dell’eternità, con tutte le interferenze che ne
conseguono, con un echeggiare lontano di cupezze e splendori. Le finalità ultime
del suo lavoro le conferma a pag. 36 del suo ampio studio introduttivo Federico
Batini: “Il nostro Poeta è pienamente consapevole del valore del proprio sforzo
innovativo nel riappropriarsi dei contenuti esistenziali più alti e nel ricupero
della tradizione della lingua come unico mezzo per far tornare la poesia ad
essere fruibile dalla gente”.
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Recensione |
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