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“Rispolverare
le tradizioni, gli usi, i costumi della terra veneta è compiere un’operazione
storica e culturale per mantenere vivo il nostro vissuto”. Con questa
riflessione il presidente della Provincia Vittorio Casarin ha aperto l’incontro,
coordinato da Lidia Maggiolo, per la presentazione del libro La
me tera, la me gente. Robe de la Bassa e foravìa di Lucia Beltrame Menini
(F.lli Corradin editori), il cui ricavato andrà a favore del progetto “Agata
Smeralda” associazione per l’adozione a distanza di bambini brasiliani.
Il
volume raccoglie gli articoli scritti dalla Beltrame nella rivista “Quatro
Ciàcoe”, articoli che rappresentano da un lato il recupero della memoria
collettiva, dall’altro le molteplici sfaccettature della contemporaneità. A
questo proposito, il prof. Manlio Cortelazzo ha ricordato che vi è un
neologismo, “gloca” (“globale” incrociato con “locale”) che ben rappresenta la
situazione confusa del nostro tempo: la tendenza da una parte a lasciar perdere
gli interessi locali per guardare alla globalizzazione, dall’altra a valorizzare
le tradizioni e la lingua locale, per l’attaccamento alle proprie radici.
“Leggendo il libro – ha detto – ho capito che le due tendenze possono
coesistere”. Cortelazzo ha riconosciuto alla Beltrame il merito di aver colto,
“desmissiando i ricordi”, le “reliquie del passato” e, intervistando i
contemporanei, “le testimonianze del presente”, facendo sentire con la
spontaneità del dialetto “il profumo della propria terra e della propria gente”.
Il testo, ricco di foto che “parlano da sole”, si chiude con una grammatica e un
glossario in cui ogni parola rimanda alla pagina in cui è stata usata. Se
Luciano Nanni, referente del Gruppo letterario “Formica nera” ha ribadito che
l’opera, che si presenta con una veste grafica meticolosa, propone pagine di
vita e messaggi culturali, il giornalista Mario Klein ha fatto gustare,
attraverso la lettura di alcune pagine, la dolcezza e l’efficacia del nostro
dialetto.
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Recensione |
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