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Dove collocare la poesia di Danilo
Mandolini, se non in un limbo di solitudine, in attesa che una ventata di luce
fughi le ombre della notte e possa sanare la ferita della sua anima ? Dico
ferita perché non sono tante quelle inflitte dal tempo, essa è una sola ed è
quella dell'essere e dell'esistere. Ma forse neanche questa riguarda in pieno il
nostro autore perché il suo tempo sembra nutrito di attese, la sua psiche sogna
e ricorda, le immagini hanno movenze ritmiche che presuppongono un dinamismo
della mente che si muove al di fuori del ghiaccio dell'anima. Se è vero, come
asseriva Benedetto Croce, che la poesia è opera di verità, questo poemetto,
accostandosi all'infinito delle cose e degli uomini, è fonte veritiera ora per
le pulsioni negative germinate dalla riflessione, ora per le deduzioni positive
che scaturiscono dai momenti vitali della parola che cerca un appiglio in solide
basi per risolvere la questione del dolore che passa, come i giorni, da una
parte e dall'altra, in un continuo divenire, in una continua scoperta che
investe l'uomo ed il suo habitat terreno e non. Tutto sembra alitare in questo
mondo descritto da Mandolini, nel quale si intrecciano solo sensazioni di cose
viste ma anche sognate: Aspetterò una città che | respira, che lascia il |
vapore di un suo alito, | dall'esterno, su tutti | i vetri delle vecchie case.;
ma il passaggio del tempo, dei giorni che si intervallano con le notti
rappresenta uno zig - zag di luce e di buio entro cui lievitano tutti gli
aspetti della vita e della morte. In questa costruzione di versi non si
ravvisano però segni di ostilità verso gli uomini ma soltanto una forma di
solidarietà per lo scolorire dei sogni e dei desideri che affogano negli anni.
Ed il poeta dove si pone ? Egli sta
al centro delle cose ma anche al di fuori di esse in una sorta di ambiguità
inquietante, la sua presenza è anche assenza, tutto è palpabile e parimenti
sfuggente. Saremo un imperfetto risultato , così recita il poeta che non
ha la certezza di desiderare una cosa perché essa è già dentro di noi e tanti
sono gli aspetti di questo vivere esaminati da uno sguardo che vede e non vede,
certamente l'occhio dell'umanità non riesce a percepire, secondo Mandolini,
situazioni, filoni, evoluzioni se non ipotesi. Ipotesi di misure, di età, di
realtà.
Che cos'è la vita, dunque, per il
nostro poeta ? Il destino è inserito in un insieme di dubbi e di domande che
creano, all'interno di noi, un non progettato disordine . Quindi il caos
fa parte della vita, di quella costruzione che ci appartiene e di cui non
avvertiamo il come ed il quanto. Le nostre sembianze, la nostra età sfugge da
noi ma a chi la lasceremo ? Ed i nostri ricordi ? Una cosa è veramente certa ed
è la morte, anche dell'anima, delimitata dallo spazio e dal tempo: ...lo
spazio, che è | una minuta porzione del | tempo, si abbasserà | verso il cielo
ed il cielo | che adesso è quasi | un vacuo spazio, nel tempo di | dopo
affonderà le | sue radici alimentate | dagli uomini vivi.
Le parole dette e non dette, i gesti,
perfino i passi, gli sguardi, le paure e quanto altro fa parte della psiche
umana sono esaminati dal nostro poeta con un visus che si estende in incontri
che avvengono fuori e dentro la nostra interiorità, i nostri anni non ci
appartengono perché siamo capaci di trasmettere solo la solitudine dell'animo
che è sempre uguale nel percorso da ieri ad oggi, a domani.
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Recensione |
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