Ombrìe

Le ombrìe di Lilia avvolgono come uno scialle e infondono quel calore che solo la poesia vera sa regalare, lasciandoti dentro, pagina dopo pagina, la sensazione così rara di aver affondato occhi e cuore nella bellezza di versi che non ricercano l'effetto, ma “raccontano” la storia di una vita. Indubbiamente autobiografico, il libro di Lilia riesce comunque a scavare fra le “ombrìe” di ciascuno alla ricerca dell'io più nascosto per portarlo alla luce.

Questa è la forza del suo nuovo libro, che non taglia affatto il cordone ombelicale con le opere precedenti: ritroviamo gli aquiloni, , le strìe “che giostra la so vèsta longa”, la “bedóla spatuzzada”; incontriamo ancora , con uguale tenerezza, la figura del padre “adèss son chi con i to stessi òci ...”, quella della madre “col to vestì da le pervinche bianche”, quella dell'amato fratello Ezio “l'ombrìa che me camina arènt..”.

Ma è giusto che sia così: la poesia è la vita stessa : la si ricorda, la si accarezza (quando par che la sgóla via...) la si cuce come un abito con i “’nsògni remenghi” che sembrano svanire dietro le ombrìe, ma sono ancora lì, pronti ad uscire e a riempire (nonostante tutto) “ el còr malandrin” , quello che Lilia ha affidato a Paolo, nella splendida poesia a lui dedicata.

Certo, Lilia si interroga continuamente : “Perchè fiori d'angóssa Sioredio? Perchè no gh'è pù vòia de zugar?

Ma ecco che lei stessa si risponde : siamo comunque e sempre “ennamoradi ancor dei nòssi passi...” che “i gà l'estro del vènt... per le to ale stramissiere.”

Il volo, iniziato nell'infanzia abbracciata ad un aquilone, il volo che sfida le ombre e porta verso altri orizzonti, regalando altre opportunità.

E' vero,niente può “sugar su quele ferìde avèrte, solagne 'n font a l'anima” e sembra ,dice Lilia, che sia arrivato “el tèmp del funeral dei 'nsògni” perché “la zima l'èi vizina”.

Ma non è così. In molte delle sue poesie scaturisce forte la voglia di esserci con “el còr che bate come 'n cavalòt” intanto che albeggia. E l'alba è l'inizio del giorno.

Lilia ha ancora voglia di “carezze, sgrìsoi de passión” e desidera ancora “encantar col moviment de l'onda 'ntei cavéi”. La sua poesia è viva del suo essere donna che non si nasconde dietro il sipario delle ombrìe, anzi, lo agita per sentire ancora “ i girasoi che ride”.

Perché “sta sinfonia d'autun” fatta di “note empassionade” allarga in modo splendido la sua gonna di fiori, nelle “balade scrite dal vènt de ancòi, dal vènt de algeri”.