La seduzione innocente di
Connie, Emma e Lara,
l'intrigo di
Casanova
nella pittura di Giancarlo Ferruggia
Considerazioni sul rapporto fra i testi L'amante di Lady Chatterley
di David Herbert Lawrenze, Madame Bovary di Gustave Flaubert, Il
dottor Zivago di Borìs Pastrnàk, Le memorie di Giacomo Casanova e
i quadri di Giancarlo Ferruggia
Convegno internazionale La parola e l'immagine presso la Facoltà di
Lettere e Filosofia all'Università di Roma 3 (18-20 maggio 2010)
Brevi cenni biografici di
Giancarlo Ferruggia e la sua pittura
Giancarlo Ferruggia, nato a Firenze, vive e lavora a
Scandicci (Firenze). Il suo amore per la pittura comincia fin da ragazzo. Frequenta
l’Istituto d’Arte, iniziando a dipingere negli anni Sessanta con Gianfranco
Mello, suo amico e maestro. Con lui espone nel 1970 alla Galleria Alinari dove
vende il suo primo quadro a Wilhelm Kempt.
Tante sono le successive
mostre, sia in Italia che all’estero. Tra le più recenti (Luoghi e volti
della memoria) al Caffé Storico Letterario "Giubbe Rosse", curata da
Roberta Degl’Innocenti, Firenze 2009; (Omaggio a Giacomo Casanova) al
Caffé Florian; Firenze 2010, (Sull’eco di passi leggeri) al Foyer Aula
Magna, Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università Roma 3, maggio 2010 con la
direzione della dott. Bruna Donatelli.
Fa parte del Consiglio Direttivo del Centro d’Arte
Modigliani.
* * *
La sua pittura s’ispira all’impressionismo francese
utilizzando una tecnica granulare fatta di terre, ossidi e cromi in modo da
creare l’effetto di tele affrescate.
Una pittura di grande suggestione, sia per la discrezione dei
colori, sia per la poesia che emana e
il trasalimento leggero che provoca la visione delle sue
eroine, sospese nel tempo.
Un viaggio di aerea leggerezza, la leggera malinconia che
accarezza la vita nei profili di donna, quasi un’attesa. La sua è un pittura di
grande forza evocativa, ma anche una pittura di silenzi, di attimi da
condividere e da centellinare, un percorrere piano.
I profili di donne, spesso donne-fanciulle, che abbiamo
trovato esposte nella mostra di Roma, sono sempre di una purezza cristallina.
Emma, in misura più ampia perché è il soggetto preferito nei
quadri di Ferruggia, poi Lara, Lady Jane, accanto a loro Giacomo Casanova, un
Casanova visto sempre di spalle, quasi un senso di provvisorietà. Una fuga e un
ritorno.
Viene da chiedersi che cosa unisce queste tre donne, delle
quali Ferruggia ci regala un sogno nelle tele dei suoi quadri, io direi, come
osservazione primaria una seduzione innocente, un ossimoro, un candore,
una gentilezza.
E’ come se Ferruggia fosse riuscito a coglierne, al di là
delle diversità oggettive e delle differenti vicende personali riferite ai
testi, l’anima fanciulla che le accomuna e le unisce, vittime
inconsapevoli di un uomo o di una storia. Questa considerazione emerge anche da
una rilettura personale dei testi.
Ma torniamo, per un attimo, ai quadri di Ferruggia e il suo
rapporto con il tempo, come s’intuisce attraverso la pittura.
Il tempo è una porta socchiusa: illusione
discreta.
Queste illusioni che lui ci porge con gesti
leggeri, la pigrizia delle ore, come attraverso un velo.
Come il bianco ancestrale dell’inverno russo nel
profilo di Lara che occhieggia fra le betulle.
Nelle foglie minute che accarezzano il volto di
Emma. Tutto filtrato, quasi sbirciato, attraverso una porta trasparente.
I quadri e il rapporto parola/immagine
L’amante di Lady Chatterley di
D.H. Lawrence e Lady Jane di Ferruggia

Lady Jane siede davanti alla finestra, nell’attesa, forse, di
un qualcosa che riscatti la sua vita, lo stanco rapporto con Clifford.
I fiori, le foglie, una natura che avvolge e sconvolge i
sensi, incornicia il suo viso.
Il sogno di un amore o desiderio d’amore.
Questa ritengo sia l’interpretazione di Ferruggia su Lady
Chatterley che insegue, o viene inseguita, da Mellors, il suo guardiacaccia.
Il pittore ce la porge con una veste candida, trasparente
però.
Distogliamoci un attimo dal quadro e veniamo al romanzo del
quale, come è noto, la prima pubblicazione ha luogo nella mia città, a Firenze
nel 1928, dietro consiglio dell’amico Giuseppe Orioli, detto Pino, che aveva una
libreria.
Si tratta della terza versione, infatti lui scrive in una
lettera a D.B. Lederhndler (1929) “Ho scritto il libro tre volte, ho tre
manoscritti piuttosto differenti, eppure eguali”. La stesura della versione, pubblicata dalla Tipografia
Giuntina, viene scritta da Lawrence a Villa Mirenda, quando lascia la Pensione
Lucchesi sul Lungarno della Zecca per trasferirsi, insieme alla moglie, in una
villa sopra Scandicci.
Lawrence voleva intitolare il libro, in un primo tempo,
Tenderness (Tenerezza). Si capisce il motivo anche dalla definizione del proprio
romanzo in una lettera mandata a Nancy Pearn nell’aprile del 1927:
“Bello, tenero e fragile”
Per tornare, rapidamente, al quadro di Ferruggia leggo solo
alcune righe del testo dove s’intravedono i sogni e l’attesa di lei.
Il sogno del bosco e della natura che la porterà a conoscere
l’amore e il sesso, nei panni di Mellors, il guardiacaccia.
…(…)… Qualche piccola primula
scolorita fioriva novella lungo il sentiero, e gialli boccioli si schiudevano.
In alto era il muggito impetuoso del vento, in basso giungeva soltanto qualche
folata gelida. Connie era stranamente vivificata dal bosco: le sue guance si
colorivano, l’azzurro le splendeva negli occhi. Passeggiava lentamente,
cogliendo qualche primula e le violette novelle dal profumo dolce e freddo, così
dolce e freddo.
E procedeva senza sapere dove
fosse. Giunse infine alla spianata, all’estremo limite del bosco, e vide la
casetta dalle pietre verdi, che aveva l’aspetto quasi rosa come l’interno di un
fungo, le pietre riscaldate da uno sprazzo di sole. E c’era uno splendore di
gelsomini gialli vicino alla porta; la porta chiusa.
Ecco, questa è la donna di Lawrence e la seduzione innocente
di Ferruggia, quasi fanciulla dalla veste candida, trasparente sulle forme,
però.
Madame Bovary di Gustave
Flaubert e le tante interpretazioni di Emma di Ginacarlo Ferruggia

Giancarlo Ferruggia, fra le sue eroine che dipinge sempre con
quell’amore e la discrezione che lo contraddistingue, preferisce, non esiste
dubbio, Emma, Madame Bovary, alla quale si è ispirato in diversi quadri, sono
sei quelli presentati al convegno di Roma.
Il profilo di Emma si staglia, purissimo, nell’arco
sormontato da foglie minute che paiono raccogliere pensieri mattutini, vaghi,
dolci desideri.
La fuga che veleggia le ciglia, un desiderio strano.
Forse è questa la Emma che sogna una vita diversa?
E’ questa l’attesa nella quale Ferruggia coglie tutte
le sue donne? Donne fanciulle di sogno e di memoria?
Diversi aspetti di Emma, ancora di profilo, oppure
nell’interezza della morbida figura, oppure il quadro nel quale si vede il viso
di Emma non di profilo.
La seduzione innocente della quale parlavo prima.
Pare che Ferruggia sia sempre alla ricerca, pensando ad Emma,
un poco come Flaubert, che era un perfezionista della scrittura e si faceva un
vanto di essere alla perenne ricerca del le mot just (la parola giusta).
Ecco che la ricerca di Ferruggia le restituisce un’anima quasi innocente, la
purezza d’un sogno.
Veniamo al testo ed ai quadri di Emma fanciulla, un profilo
purissimo.
Carlo incontra Emma, siamo quasi all’inizio del libro, la
vede e rimane colpito: è interessante la descrizione di Flaubert che non ha
corrispondenza oggettiva nel ritratto di Ferruggia per quanto riguardano i
tratti ma nella sensazione che evoca.
… (…)… Carlo fu sorpreso dalla
bianchezza delle unghie della giovane. Erano lucenti, appuntite, più levigate
degli avori di Dieppe, e tagliate a mandorla. La mano, tuttavia, non era bella,
forse non era bianca abbastanza e appariva un po’ sciupata nelle falangi; era
inoltre troppo lunga e priva di morbidezze di linee nei contorni. Veramente
belli erano gli occhi: bruni, sembravano neri per effetto delle ciglia e lo
sguardo arrivava franco, con un candido ardire …(…)…
Ecco questo candido ardire trovo che si leghi molto ai
dipinti di Ferruggia, al di là degli avvenimenti che sconvolgono la vita di
Emma, fino al tragico epilogo.
Ma leggiamo ancora un passo del libro, che ritengo abbia
attinenza con un altro aspetto, evidenziato nei quadri, la seduzione di Emma
nella figura intera o con il cappello.
Pensiamo al testo di Flaubert: dopo la relazione con Rodolfo,
e le varie vicissitudini della sua perdita, Emma si reca a sentire l’opera Lucia
di Lammermoor, dove incontrerà Léon.
…(…)… La signora si comprò un
cappello, un paio di guanti, un mazzo di fiori. Il signore temeva molto di
perder l’inizio dello spettacolo; e, senza aver avuto neppure il tempo
d’inghiottire un brodo, si presentarono davanti alle porte del teatro, quando
erano ancora chiuse …(…)…
Ecco che Emma ha conosciuto la passione, il dolore, la
perdita e credo che qualcosa ce lo possa svelare nei ritratti di Ferruggia.
Il Dottor Zivago di B. Pasternàk
e Lara nel dipinto di Giancarlo Ferruggia

Nel quadro di Giancarlo Ferruggia la purezza del profilo di
Lara ci riporta ai rumori ovattati, al bianco ancestrale dell’inverno russo, al
suono lontano della balalaika.
Sogno o ricordo?
Gli alberi sono fili leggeri, inquietudine strana.
Così interpreta Ferruggia l’eroina di Borìs Pasternàk, una
nostalgia che diviene ricordo, sussurro d’amore.
Dal testo del libro ho estrapolato un breve passo: Zivago e
Lara sono ancora insieme, il luogo pare fuori dal mondo, come tutte le
vicissitudini che hanno passato e che ancora li attendono.
Quasi un’isola segreta.
“Lo abbagliò il bianco fulgore
che ammantava e faceva splendere la neve, senza un’ombra, sotto la luce della
luna …(…)… in quel momento Lara si svegliò - Tu ardi sempre ed emani calore, mia
piccola candela accesa! - disse con un bisbiglìo caldo e pieno di sonno. -
Siediti un momento qui, accanto a me. Ti racconterò il sogno che ho fatto -.
E il dottore spense la lampada.
A conclusione di Lara un verso esemplare di Nina Berberova:
Prima del triste e difficile addio
Non dire che non ci sarà un altro incontro.
Ho il dono segreto e strano
di farmi da te ricordare.
In un altro paese, nell’esilio lontano
un tempo, quando verrà il tempo,
ti ripeterò con un’unica illusione,
un verso, un moto della penna.
Casanova Memorie scritte da lui
medesimo e l’interpretazione pittorica di Giancarlo Ferruggia

Quando si parla di Giacomo Casanova siamo spesso portati, più
o meno giustamente, a pensare a lui come alla figura di un seduttore irresistibile
ma, leggendo le sue memorie, certo questa fama non è esatta, o meglio Casanova
non era solo questo.
Vediamo come interpreta Ferruggia nei dipinti la sua figura.
Ho parlato prima di un senso di provvisorietà.
Una fuga, un ritorno.
Nel quadro Omaggio a Giacomo Casanova, il
protagonista, ritratto di spalle, si trova in mezzo a figure femminili.
Ferruggia coglie, nel bagliore bianco delle maniche, nelle fanciulle che ne
accarezzano la figura, quel chiacchierìo sommesso, quell’intrigo che è il gioco
d’amore, la seduzione, ma anche il mistero dell’uomo, del quale non vediamo il
volto.
Quindi resta l’intrigo che avvolge la sua figura.
Ma veniamo ad un altro dipinto: Casanova, addio a Venezia.
Casanova lascia Venezia, il quadro di Ferruggia sprigiona
quella malinconia furtiva che avvolge come una carezza leggera.
Leggo dalle memorie:
…(…)…“La peota sulla quale dovevo imbarcarmi non avrebbe
salpato prima dell’alba, e quindi andai a passare quella notte dai miei due
angeli che ormai non s’illudevano più di rivedermi. Per parte mia, non potevo
fare previsioni in quanto, essendomi abbandonato in braccio al destino, ritenevo
che pensare all’avvenire fosse fatica sprecata…(…)…
M’imbarcai in Piazzetta San
Marco …(…)…
Una sensazione che ritroviamo anche nelle prime pagine delle
Memorie, quando Casanova bambino, viene lasciato, a pensione, si fa per dire, a
Padova da una megera:
…(…)… Non mi sentivo né felice
né infelice; non dicevo niente. Non avevo né rimpianti né speranze, né
curiosità; non ero né allegro né triste …(…)…
Quindi una sorta si limbo, un’isola segreta dove troviamo il
personaggio che alimenta la fantasia artistica di Ferruggia.
Marcello Vannucci, scrittore fiorentino ormai scomparso,
chiese a Giancarlo Ferruggia di dipingere Casanova per un suo libro.
Ecco le parole di Vannucci che riguardano, appunto, il nostro
pittore e ce ne donano un aspetto importante:
“una pittura inquieta nella
quiete, serena nel’inserenità”
Conclusioni
In questo avvincente percorso, nel quale ci ha condotti la
suggestione del’immagine e l’incanto prezioso della parola, potrei arrivare a
dire che le donne che alimentano la fantasia del maestro Ferruggia, in rapporto
con i testi, nei quali ho cercato una corresponsione con l’indicazioni delle
frasi e dei momenti estrapolati dai romanzi, sono tutte unite da un candore, che
però non è mai scevro da quella seduzione che ho definito innocente e poi
l’attesa.
La figura enigmatica di Casanova, interpretata in maniera
esemplare ce ne dona il segreto, tutto quello che si può cogliere, ma
soprattutto immaginare.
Un ringraziamento particolare a Bruna Donatelli che ha curato
la mostra e il convegno con grande professionalità e gentilezza.
Bibliografia
L’amante di Lady Chatterley, Mondadori 1976, traduzione di
Giulio Monteleone, lettura; notizie lettere a D.B. Lederhndler e Nancy Pearn
dall’introduzione di Claudio Gorlier
Madame Bovary, Rizzoli, 1976, traduzione Giuseppe Achilli, letture
Il dottor Zivago, RCS Quotidiani Spa, Milano, 2006,
traduzione dal russo di Pietro Zveteremich, lettura
Casanova Memorie scritte da lui medesimo, Garzanti 1999,
traduzione dal francese di Giorgio Brunacci, letture)
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