Veniero Scarselli con Genesis, visionario libro di un iter poetico e
umano, ancora una volta sulla scia dei poemi precedenti disegna mirabilmente un
affresco su uno scenario metafisico e naturale che colora con i pastelli delle
sue visioni poetiche miste a quel sostrato di razionalità del cultore della
classicità.
L'archetipo
è il poema esiodeo con un prologo a cui segue una trama questa volta con
risonanze autobiografiche. Al centro della narrazione c'è il poeta, che con un
climax di immagini da Giudizio Universale descrive l'evoluzione dell'uomo
attraverso un percorso diacronico che segna le tappe del progresso umano
inarrestabile.
Il titolo, dal greco ghenos, ha una risonanza biblica a riprova che il
legame tra cultura classica-scientifica e cristianesimo è molto stretta, è una
liaison che ispira felicemente il poeta che costruisce su solide basi il
poema.
L'autore traccia un itinerario dove concorrono religione, filosofia,
letteratura antica e con straordinaria maestria mescola trascendenza e immanenza
e riesce con sensibilità antropologica a umanizzare il contesto narrativo e
mettere sé al centro di una metamorfosi intellettuale e spirituale che si
realizza nella libertà assoluta di vivere in spazi liberi tra gli altri esseri,
cani, pecore, galline tanto da esaltarsi a dire: "Fu tra quelle montagne boscose
| ch'ebbe inizio la mia vita vera".
"...Facevo capriole sul prato | ... aspiravo i profumi eccitanti." Scarselli,
a cui certamente non manca il senso dello humour, invita il lettore e il
critico a non affannarsi a collocare il libro in un particolare genere
letterario, ad una attenta lettura è evidente che comprende più generi.
L'importante della narrazione (o forse storia personale?) è la percezione di
vivere la vita secondo il dettato di Epicuro come i poeti latini nell'otium,
in un ambiente georgico e bucolico, dove l'io lirico e l'io psichico trovano la
più alta espressione, toccando la vetta del sublime, nel canto che si leva come
inno a Dio, creatore, e all'uomo, creatura.
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