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“Il lazzaretto di Dio” è l’opus magnum di Veniero Scarselli e racchiude tutta la sua produzione poetica. Scarselli è un poeta poliedrico e dirompente, di grande visione cosmica, di originalità inconsueta nel nostro panorama letterario, di straordinaria cultura scientifica e classica, nonché di profonda sensibilità nell’affrontare i temi esistenziali dell’uomo contemporaneo. L’abitudine alla lettura di una poesia – quella del ‘Novecento e di questo nuovo millennio – influenzata dall’irrazionalità storica di ideologie e di dittature disumane, percorsa da inquietudini, dalla paura dell’Oltre, da romantiche illusioni e da “spleen” Baudelairiano, fa sì che ai più la poesia di Scarselli sembri quasi marziana, dal momento che rigetta i canoni estetici e l’omologazione imperanti e ritrova nerbo e sostanza nel genere poematico.

Questo genere, per lo più negletto (tutti sono capaci di scrivere versicoli, anzi è diventata una forma soggettiva di psicanalisi), richiede solida cultura, conoscenza del mondo scientifico, amore per la classicità, di cui Scarselli è munito e sono di supporto alla sua fatica poetica. L’osmosi tra scienza e “humanae litterae”, direbbe Cicerone, crea quello stato di grazia poetica con cui i poemi si snodano tramati di pensiero filosofico e toccano l’essenza spirituale del cosmo. I suoi poemi hanno come archetipo Omero ed Esiodo sia per l’architettura, sia per la cura scrupolosa e vigile della costruzione, per l’attenzione metrica, per la scelta certosina del lessico. Ad un’attenta analisi, la genesi poematica si basa su una visione complessiva che può sintetizzarsi in quattro punti: ordito del testo, linguaggio, metro, e il cosiddetto “labor limae”. L’iter poetico si dipana con la consapevolezza di affrancamento da quella forma di poesia legata all’ermetismo, al simbolismo e allo sperimentalismi di avanguardie la cui estraneità è evidente. Esso riprende il “genus magnum” del poema per una personale e pratica riflessione sulla condizione dell’uomo di oggi.

Tra i critici vi sono purtroppo alcuni che non prestano molto interesse alla lettura del poema, è una fatica eccessiva, amano la rapidità; mentre la lettura di una poesia non richiede molto tempo, il poema al contrario va letto con ritmo lento e scandito e meditando. Grande merito del nostro è che non si è lasciato travolgere dalle mode letterarie imperanti, sebbene chi esce dall’alveo comodo del conformismo sia guardato con sospetto. Ma i versi dei suoi poemi hanno una potente forza espressiva, la narrazione cosmogonica mette al centro l’uomo, creatura fragile e amante della natura, del Bello e del Vero, e Scarselli pur filosoficamente teso a condannare tutto quello che si oppone al libero pensiero trova il suo Eden spirituale nella comunione con Dio.

In conclusione si può rilevare che solo uno spirito immune da sovrastrutture predeterminate, nutrito di dottrina letteraria e filosofica, restio a bere alla stessa fonte di poeti incasellati e fornito di ironia ed autoironia, può intraprendere un iter di rinnovata poetica e sottrarsi alla diffusa mediocrità di questa “parva res publica” delle Lettere collocandosi a buon diritto nel solco dell’epica classica e dei poemi del Rinascimento.

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