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La poesia di Veniero Scarselli, pur avendo dei suggestivi
scorci lirici, è soprattutto opera di pensiero oltre che, come in questo recente
libro, d'immaginazione, perché intento dell'Autore è mettere nel verso la sua
complessa problematica che spazia dai temi filosofico-religiosi a quelli
ecologico-sociali e oltre. Data la ricchezza e varietà dei contenuti si spiega
perché tanti critici si siano interessati alla sua produzione poetica, trovando
in essa un'abbondante messe per i loro discorsi interpretativi.
Lontana da funambolismi e sofisticate ricercatezze formali,
dalle i banalità che oggi riempiono tante pagine di pseudopoesia, da discorsi
involuti e immagini confuse per cui non sai mai quello che l'autore intendeva
dire, la sua poesia segue l'onda lunga del pensiero ravvivata da immagini e
fuggevoli emozioni.
Questo poemetto (che echeggia l'analogo titolo di un'opera di
Colerdige) si differenzia in parte dai precedenti, perché prevalentemente
fondato sulla fantasia: un viaggio immaginario dentro una nave naufragata sulla
costa e sommersa dal mare, sopra cui volano neri e sinistri uccelli a guardia
di quel relitto, via via denominato "carogna di ferro", "ferraglia arrugginita",
"enorme cetaceo" ma anche "cattedrale sommersa", finché s'imbatte nel teschio
del capitano. La nave diventa simbolo di uno scrigno di segreti che il
visitatore (ossia il poeta) cerca di scoprire e violare mediante un viaggio
iniziatico di esoterica conoscenza.
Interessante è seguire la scansione dei vari momenti: "Al mio
apparire d'animale intruso | come nuvola s'alzarono in volo | con baccano d'ali
e di strida | ma restarono a osservare minacciosi | roteando nell'aria
lentamente | in larghi cerchi d'ali ferme e aperte". Preso dall'irrefrenabile
desiderio dì esplorare, di scoprire il "tragico segreto" il visitatore ode:
"onde delicate dell'etere | come aliti di esseri viventi; | forse ombre rimaste
da allora | prigioniere in quella bara d'aria?".
Inoltrandosi per cabine e saloni s'accorge che era lo spirito
della nave a guidarlo in un'arcana missione, finché giunge al centro, dove vede
il "teschio venerando del Capitano" il quale lo prega di recitargli le frasi
dell'antico Libro dei morti che accompagnano il defunto nelle fasi
dell'ultimo viaggio. Esaudito il suo desiderio "Tutto ciò che seguì | avvenne in
un'estasi indicibile". Cadde il diaframma che separa il mondo dei vivi da
quello dei morti, vide il lungo tunnel che sbocca nella grande luce, allietata
dall'incontro dei parenti, come è descritto da coloro che hanno subito la morte
apparente. E alla fine il miracolo: la nave riprende vita: "la prua si scosse
con tremendi balzi | di cavallo imbizzarrito, tutte quante | le eliche alzarono
in un vortice | montagne di schiuma...", la nave galleggiò e poi "corse a tutta
forza sull'onda" come "un albatro affrancato da ogni peso corporale". E il
poeta-visitatore torna alla misera realtà del quotidiano sulla sua piccola
scialuppa. Ciò che rende suggestivo e vivace il.misterioso percorso, che abbiamo cercato di
riassumere, è la ricchezza dei particolari marini e navali che il poeta
richiama con la conoscenza di un esperto uomo di mare. La descrizione diventa
così concreta attraverso le vivide immagini, sotto cui si svolge l'arcano
passaggio dalla materia allo spirito, dalla morte alla vera vita. Alla base vi è
l'idea eliotiana secondo cui il poeta deve esprimersi attraverso immagini
concrete, oggettivando le emozioni, e tendere ad un linguaggio chiaro e solare
di indubbia perfezione formale. Ed è esattamente quanto avviene in questo
originalissimo poemetto.
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Recensione |
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