| |
Veniero Scarselli ha dedicato la sua
vita al genere letterario del poemetto (che oggi, da lui risuscitato, sembra
tornare di moda) e ad una poesia che non è edulcorata espressione di sentimenti,
ma sostanziata dal pensiero. Che il genere scelto abbia trovato favorevole
riscontro fra i critici lo dimostrano più che ampiamente le cinque monografie
dedicate alla sua produzione poetica. In questo poemetto in diciassette lasse
ispirato al “Libro tibetano dei morti”, come dice il sottotitolo, l’Autore
traspone in poesia gli insegnamenti dell’antico libro che alla persona da poco
deceduta vengono dati nella fase del trapasso non ancora definitivamente
compiuta, affinché egli ottenga la completa liberazione da tutto ciò che ancora
lo lega al mondo e alla vita. (...) Il titolo e anche alcune immagini del testo
ci richiamano al biblico “Cantico dei Cantici”; l’Autore, innamorato della
moglie, le chiede di recitare determinate formule al momento del trapasso:
“Tu che sei la mia sposa diletta | e m’hai guidato con amore e saggezza | fra le
luci e gli orrori del mondo | sai che presto verrà il compimento | della lunga
mia vita corporale”. (...) Occorre allora che si stacchi da tutto ciò che lo
lega al mondo degli affetti terreni, occorre “tagliare i lacci | che mi
uniscono a te ed alle gioie | vissute insieme nel mondo a noi caro”. Nello
stato di vita intermedia, o intervallo di pre-morte in cui il corpo ha cessato
di respirare e il cuore di battere ma l’anima non è ancora staccata del tutto,
il morto deve allontanare da sé i ricordi per “correre verso la Luce”,
cosa facile da raggiungere per coloro che hanno seguito gli insegnamenti dei
Maestri spirituali, ma non per il Poeta troppo attaccato alla sua dolce sposa, a
cui chiede di essergli “una guida severa e amorosa” quasi come Beatrice
per Dante (...) E conclude con questa stupenda strofa: “Se farai tutto questo
per l’amore | che ci ha unito e che adesso ci separa, | forse saprò riconoscere
| fra le tenebre la luce lontana | ma vera, che alla fine del Tunnel | si apre
in quel mare di pace | su cui splende senza più accecare | la Luce materna di
Dio”. Indubbiamente originale il tema trattato in poesia e trasposto in un
linguaggio chiaro, fluido, come la limpida acqua di un ruscello, ma soprattutto
ricco di spunti meditativi e di belle immagini liriche.
| |
 |
Recensione |
|