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Alessia
Archetipo di tutte le donne al
loro sbocciare da crisalide a farfalla, Alessia, la protagonista
dell’omonimo libro di poesie di Raffaele Piazza stupisce il lettore per la
freschezza del suo temperamento e la tenacia dei suoi sentimenti. Nasce con un
primo testo, proprio nel giorno dell’Epifania, quale inizio e apparizione, quale
metafora di un sentire poetico del suo autore che attraverso di lei, nelle sue
gesta, nel suo affaccendarsi nel mondo ritrova probabilmente il proprio vivere
in simbiosi con la scrittura poetica. Un’auto e un amore, Giovanni,
l’accompagnano in tutto il percorso del libro nelle situazioni che si
avvicendano e che fanno della storia un susseguirsi intenso di atti, gesti,
pensieri che contribuiscono a creare la dimensione emozionale dell’opera. Alice
nella sua fiaba, Penelope con la sua tela, operaria dal profumo di mimosa,
vacanziera caprese, mistica d’Assisi, o qualunque altra sia la sua condizione
Alessia ama l’amore e ama Giovanni, che sembra ricambiarla di un sentimento
tutto suo che Alessia vede eterno, anche quando eterno non sembra.
Parlare di questo libro è un
dover parlare per immagini e per frammenti, come tanti sono i frammenti e
altrettante le immagini che si presentano al lettore. Un incedere incerto e
incredulo, zoppicante e tenace, fra attimi estremi di luce, una voce quasi
balbettante che promette un aprile come il più buono dei mesi. Non sa Alessia
che aprile è il più crudele dei mesi - lo dice T.S. Eliot – e che
le riserverà un percorso non facile da superare. Una cantilena da filastrocca,
tra ritornelli e ripetizioni cadenzate, assonanze, allitterazioni e quel nome,
Alessia, come un bombardamento celebrale, come la nota forte di una canzone, la
goccia il cui continuo perpetrarsi che snerva e stordisce ma non può non entrare
nell’anima. Alessia da amare e da odiare, da sentire e rinnegare, da volere e
lasciar volare, pensa il lettore.
Sapiente il gioco delle parti
nel rimando oggettivo tra l’autore e il suo personaggio, il suo alter ego
femminile, la parte lunare della sua stessa identità.
Un intersecarsi di destini e
volontà, che nel gioco felice della poesia - che si fa sguardo nell’inconscio –
non cede a lusinghe, si fa padrona del tempo e dello spazio, resta fedele a se
stessa, crea impietosi sguardi, perdona gli eccessi. Bravo quel poeta che sa
catturare l’attenzione del lettore, che lo tiene inchiodato fino alla fine tra
le pagine, che lo imprigiona nei suoi versi e lo lascia col respiro affannato a
risolvere il mistero dell’ultimo testo che chiude il libro, con un barlume di
speranza sul lieto fine.
In fondo la storia narrata nel
libro è una fiaba e se, come dice Novalis, “tutto ciò che è fiabesco non può che
essere poetico” possiamo dire che l’intento di Raffaele Piazza, sia stato
perfettamente portato a compimento.
Bologna, 26 gennaio 2015
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Recensione |
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