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Poesie controcorrente e racconti in versi
Di Fabio Dainotti ho seguito la parabola poetica ab imis, portando alla sua
silloge L'araldo nello specchio la mia Prefazione; mi fa ora piacere recensire
la sua più recente raccolta nella collana Poesia, diretta da Paolo Ruffilli, che
ne sigla anche la Prefazione. Ho sempre pensato e insegnato ai miei studenti che
i titoli sono importanti e che da essi è sempre più agevole risalire al
contenuto, alla sostanza letteraria di un'opera.
Scorrendo questa silloge, si ha piena contezza di quanto
appena dichiarato, dal momento che evidente intento dell'autore è quello di
proporre «poesie controcorrente» e, come se non bastasse, «racconti in versi».
L'esperienza poetica di Dainotti, accumulata nel corso degli anni, con
un'attenzione, bisogna aggiungere, per chi ben lo conosce, anche al mondo
classico, lo rende pienamente consapevole dell'operazione “antipoetica”, che
intende alternativamente proporre, andando non solo controcorrente
rispetto a codificati canoni della nostra tradizione (non si dimentichi che
egli è un attento lettore e commentatore di Dante), ma addirittura
dichiarando la “raccontatività” dei versi, contenuti soprattutto nella
parte finale della sua silloge, intitolata Dittico per Agostina
Locandiera.
Da non molti anni sono diventato un poeta pubblico, il meno pubblico
possibile, e devo riconoscere che la tecnica impiegata da Dainotti in questa
silloge può risultare intrigante non tanto e non solo per poeti di professione,
che difendono ad armi spiegate la liricità della nostra più alta versificazione,
ma anche per coloro che, dotati di una creatività non ligia al sistema, possono
fare della poesia ciò che vogliono. Dainotti, infatti, ricorre a un metodo
esattamente opposto a quello tradizionale, partendo da situazioni fortemente
concrete, vissute o non vissute in prima persona, ma questo poco importa, per
dare alla fine una sorta di staffilata ironica, destabilizzante, persino
grottesca, al racconto poetico, seguendo un filtro di humor, che gli appartiene
tutto intero e che induce il lettore a sorridere, se non a ridere, del “fatto”,
che Dainotti stigmatizza con rapide battute nel suo testo.
Perché tutto questo?
Perché la poesia è, per fortuna, anche divertissement, gioco, a volte
allegro, a volte drammatico, che aderisce al caos, inedito e imprevisto,
dell'esistenza, che in un attimo può mandare in frantumi un intero sistema.
Dainotti, come chi scrive, ne ha acquisito con il tempo piena coscienza. La
poesia non fa altro, come i salmoni,che seguire il corso di un fiume, il quale
si identifica con la vita stessa, controcorrente, con una discorsività, che a
ragione rinuncia a simulazioni scontate e a facili orpelli, non cercando però la
fine inevitabile, ma la ciclica rinascita del proprio io.
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Recensione |
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