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Dell'amicizia è una silloge omogenea e compatta, quasi un canzoniere
all'amica d'infanzia (immaginiamo perduta) che si snoda tutta nel senso della
lealtà, della fedeltà, dell'entusiasmo e della gioia di entrare in sintonia con
l'altra da sé, "nel bucolico spazio" del cuore, oso dire, trova posto e alligna
una piacevole presenza che continuamente interloquisce con la trepida
aspettativa di sogni eccezionali, di giovanili raffronti, fatti sull'onda
dell'emozione e di momenti sereni, un mondo ormai perduto nel quale l'autrice
intravede sullo sfondo la forza rigenereante di un amarcord.
Il
titolo è particolarmente attagliato e questo snello poemetto monotematico che
caratterizza tutta l'opera: un vincolo profondo sembra unire due amiche in
un'autentica comunione di pensieri, di desideri, di slanci: un legame in
espansione affettiva che si avvale di suggestioni morbide e tenere fatte sul
filo della confidenza, del reciproco rispetto, dell'abbandono alla speranza che
lega azioni e progetti di vita in un unico grande assolo.
Sull'onda di una non rassegnata consapevolezza per la grave perdita,
l'affinità spirituale si fa intensa, ritorna in un refrain ripetitivo a
quel "lavava, lavava..." più e più volte, ripetuto, quasi a indicare forse una
pulizia morale, un cerchio di braccia sempre pronto a sostenere l'affinità
elettiva fra le parti, nido radioso di un affiatamento sinergico a quegli ideali
genuini, a quell'interloquire lieto che era sacro in comunione d'intesa:
amicizia pura "nel tempo diramata | in presenza una nell'altra" oggi quasi del
tutto scomparsa. S'intuisce che la perdita ha provocato una fitta dolorosa, così
l'autrice disegna un progetto lirico che rompendo gli schemi consueti, dà
un'incentivazione alla memoria che si fa carico di superare il fattore materico
della prsenza fisica per collocarsi nel cuore e nello straordinario viatico di
un'ideale contiguità segnica, teorema di foscoliana memoria, nella ipotesi che
non si muore finché qualcuno ne eternerà il ricordo.
Così ancora colloquia con la "rossa criniera" in ricchezza di simboli, in
eccezionali chiusa, in orchestrazioni vivide di note che trattengono l'arditezza
di una rievocazione che continua nel tempo, arricchita da mezzi espressivi
pervasi di rara umanità e bellezza come quei notturni di Chopin che
un'invenzione e una sigla lirica predispongono musicalmente a voli arditi di
note, che serrano nel cuore la dolcezza inquieta di un diario privatissimo e di
un viatico di silenzi raccolti in profondità di mistero. Mi piace evidenziare
questa bella espressione dell'autrice: "Si vela di pudore il cuore | e anche
all'amica tace | la stanza felice perduta. | (Come fune nel cerchio di gesso". E
concludere questa breve nota di giudizio con le parole emblematiche e suggestive
dell'autrice che trascrivo interamente: "Poter fermare | quell'attimo | in punta
di vita | e ridirti, amica, | immutato ancora | il mio bene | pur nell'ora più
breve | e sentir spuntare | i fiori | in fremito-risposta".
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Recensione |
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