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Ancora una volta Veniero Scarselli col suo ultimo poema (Straordinario
accaduto a un ordinario collezionista di orologi, Campanotto Editore 1995, pagg.
80, Lire 16.000, prefazione del compianto Giancarlo Oli) sorprende tutti i suoi
lettori. Da par suo, e con inimitabile verve, si insinua nei meccanismi della
fisicità individuando nel congegno meccanico dell'Orologio il prototipo
razionale dell'Intelligenza Universale. In una notte di tregenda, in cui il
tempo e gli orologi terrestri si sono per uno strano incantesimo fermati, il
protagonista del racconto scopre nel meccanismo dell'unico orologio superstite
di una torre, che in realtà è l'Orologio dell'universo, il tramite per ascendere
a Dio. La Macchina, sembra dire Scarselli, è una copia materiale del Meccano
divino. Ma il surreale che domina ogni panorama scarselliano è in certo qual
modo preda fallica dell'uomo, suo naturale destino e legge di causa-effetto;
così Scarselli continua a produrre poemi epici modernamente sintonizzati sui
centri nevralgici del vivere d'oggi, straripanti di orgasmi universali: Le
congiunzioni perverse dei corpi | e il cupo ansimare delle bocche; egli svela i
remotissimi fermenti di un parossismo materico, vi s'intride fin nelle fibre
della concupiscenza, stana, come un segugio con la sua preda, gli ancestrali
turgidissimi imperiosi istinti che addensano l'universo animalesco della carne
segreta, la seconda carne che è in noi e che vive nei recessi più nascosti e
inconfessabili dell'inconscio.
Scarselli penetra con incessante lena anche nella
carne degli ingranaggi del suo Orologio universale, scava con mazza e piccone,
si aiuta con le mani, quasi a voler aggredire il tempo per vedere Dio; la sua
ansia sa estrarre con straordinario vigore lirico l'incontro affabulatorio tra
l'allucinante immaginario e il reale, e insieme le allocuzioni di più alta
tensione per la straripante offensiva del protagonista. Nell'itinerario del
viaggio ai confini dell'universo, Scarselli immette tutta la sua particolare
teologia; la penetrazione nei meandri della sordida e misteriosa teofania
asessuale, o sessuale che sia, ne è una chiara dimostrazione. La mèta è
splendidamente raggiunta dal caparbio, dissacratorio, incessante progetto
fallico che tiene in vita un esemplare modulo lirico, tra i più elevati. Tra i
poeti del Novecento, Scarselli è dunque quello che più imposta la sua creatività
su profonde riflessioni di ordine cosmogonico; il cosmo gli si para dinanzi in
un travaglio primordiale, purgatoriale, cifra di un iter che reclama la
sofferenza per riemergere dal magma dell'urto costante col Nulla. Dio è sacrale
sorgività della testimonianza nell'Invisibile, eppure inalienabile, archeologia
dei dirupi, degli abissi, dei segni. Nella ricerca dell'Assoluto, Scarselli non
può e non vuole appagarsi di doni pagani; così la cosmogonia di questo poeta non
rinuncia a farsi Forma e Luce di un profondissimo scavo per riportare alla luce
i reperti della biografia razionale.
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Recensione |
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