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Al tempo dei lupi

Dal 2000 ad oggi, Luigi Bosi, includendo l’esaminanda pubblicazione, ha dato alle stampe la bellezza di sette libri di narrativa, tra romanzi e raccolte di racconti. Peraltro occorre tenere in debito conto che ha pubblicato anche un paio di sillogi poetiche. Una risalente al 1960 ma una anche più recente, del 2006.

A quanto pare, attualmente sembrerebbe essere una più concreta, esaustiva, ed in quanto tale impegnativa, letteratura ad appagarlo. E direi che in tale specializzazione egli stia veramente profondendo il meglio di se stesso, concentrandosi con serietà e dedizione. Il che significa che, specialmente con quest’ultimo romanzo, Al tempo dei lupi, ha messo a disposizione del potenziale fruitore un lavoro di qualità. Sia sul piano della stesura, per concisione, consolidato stile linguistico-scritturale, ma anche per un buon amalgama tra originalità ed evocazione storica. Non esclusa l’accurata scelta degli elementi editoriali, che mettono in evidenza la superiorità del contenitore. Un libro che, nella sua intelligente impaginazione e confezione, mediando tra ottimizzazione strutturale ed economia, tiene in doverosa considerazione il fisiologico sforzo di lettura (dimensione del carattere) e la sequenziale, ottimale suddivisione dei capitoli. Stampato su materiale di prima scelta, la cui copertina, compatta e rigida, è provvista d’un’elegante sovra copertina, e le contestuali pagine sono servite su carta consistente, soprattutto non ruvida. Un prodotto notevole, per qualità giustappunto letteraria e tecnica, offerto ad un costo molto interessante.

Sequenzialità dei capitoli, si diceva. O.k. Come sottolinea la prefatrice Gianna Vancini, di fatto il romanzo scorre su un triplice binario: della Storia; d’una vicenda amorosa; e della lotta tra Uomo e lupo, il che vale a dire lotta di sopravvivenza per l’uno e per l’altro.

La storia, quale elemento temporale ed epocale, inquadrata nel ventennio terminale del 1600, e localizzata nella Bassa ferrarese, squarcio geografico interferente col Polesine, area cioè comprensiva di Massenzatica e di San Giovanni Battista, ha già di per sé un suo invogliante, quanto realistico (documentato da una trentina di note poste a fine libro), filo conduttore: l’antagonismo tra la Serenissima, preminente repubblica marinara della Venezia dell’epoca, e lo Stato Pontificio, nell’allora Legazione di Ferrara alla titolarità del duca d’Este Alfonso II. Ma il motivo stringente della lotta, costruita sulla delazione piuttosto che sulla diplomazia, è il tentativo del duca d’Este di erigere, nell’impervio territorio della Mesola, ovviamente previa opportuna urbanizzazione, una città portuale dirimpettaia di Venezia, tale da risultare, nei confronti di quest’ultima, in diretta concorrenza sul principale, dominante piano marinaro, con ripercussioni strategiche d’interesse militare e commerciale.

Il costrutto amoroso, la cui immanente ombra segue imperterrita e coerente la trama, riguarda l’incontro, l’innamoramento ed il suo felice, naturale epilogo tra il giovane cacciatore Manlio e l’altrettanto giovane e bella Silviana, figlia del “passatore” (colui che traghettava da una sponda all’altra del Po) che è anche figlia naturale nientemeno che di messere Giacomo Piacentini, Commissario Ducale proprio alla Mesola.

Ma naturalmente è la lotta tra Uomo e lupo, secondo la logica in anteprima scaturente dal titolo del libro, il fulcro organizzativo dell’intreccio. In un breve arco temporale, il lupo, dalla Mesola, dov’era stato trasmigrato dagli Estensi, aveva prolificato in maniera imprevedibile e di conseguenza aveva invaso i territori circostanti arrecando danni di predazione anche agli animali domestici ed inevitabili aggressioni all’uomo.

Ebbene, indicate le direttrici finalistiche del romanzo, senza dire null’altro sulla trama (fin troppo ho già spifferato: un libro, perché desti interesse, bisogna che il lettore se lo legga in tranquillità, sviluppando la trama anche nelle potenzialità della sua immaginazione) e tornando invece alla disposizione dei capitoli, argomento da cui ci si era avviati, voglio solo aggiungere che essi, capitoli, sono stati pensati nella migliore delle ipotesi. Iniziano e proseguono con una scorrevolezza assoluta, tenendo perfettamente conto dell’esatta cronologia delle tre direttrici argomentative, intrecciando con naturalezza gli elementi temporali con quelli meramente aneddotici, completando i tasselli d’un organico mosaico con lineare, misurata sequenza. Tra l’altro, le suddivisioni scandiscono episodi mediamente registrati sulle quattro pagine, perciò non impegnando troppo il lettore in noiose tiritere.

Ormai Luigi Bosi ha raggiunto, oltreché un suo apprezzabile stilema, la consapevolezza consistente in un delicato, prezioso scrivere. Un ricamo di parole che sa entusiasmare. Da una pubblicazione all’altra ha saputo maturare una tecnica ormai molto affinata, pulita, trasparente. Soprattutto, va elogiata l’irrefrenabile forza della sua creatività, anelante ad un obiettivo sempre dal carattere terragno.  

 

Recensione
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