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Questi
Angeli stanchi hanno la caratteristica d’appartenere, non unicamente
all’impalpabile regno degli spiriti, in quanto per metà s’affacciano al terreno,
umano vivere. Diversamente dai miei angeli (Agli angeli, Este Edition
2007, pp. 104), che, anche quando non rientrano nel rigido organigramma ben noto
e connotato ai cristiani, sono comunque puri spiriti, assolutamente avulsi alla
materiale corporeità. Ed è proprio in quest’ottica che mi piacciono gli angeli
di Calamassi. Mi stimola l’idea che delle immaginose creature, alate e pure
d’intelletto, possano esprimere un sì intenso tocco di terrestrità, certamente
più corporeo che spirituale, tanto da rendere magnificamente l’icastico senso di
perturbamento esistenziale, che nella fattispecie letteraria richiamata fa
pensare un tantino al verghiano 'ciclo dei vinti'. Per quanto qui si tratti di
poesia piuttosto che di narrativa.
Peraltro,
l’immediata differenza intercorrente tra i vinti verghiani e la sorta di vinti
(pseudo-vinti) di Gianni Calamassi, è che questi ultimi si antepongono quanto
mai alla realtà, più che palese, del Verga, sempreché con questi se ne possa
fare effettivamente un raffronto.
Dell’indovinata quaterna di angeli che il nostro poeta musivamente incastra,
facendone un filo rosso, nella silloge, una prima coppia pone in sintonia il
mondo della natura, tendendo l’ossimoro dei relativi elementi (“angelo della
pioggia“) verso il sentimento (“angelo dell’amore“), che costituisce una parte
ben definibile della natura, ossia parte di quella natura umana, contrapposta
perché tangibile piuttosto che palpabile. Mentre la residuale coppia “angeli
stanchi-angelo nero“, piuttosto che contrapporsi si giustappone, perfezionando
quell’anzidetto ‘perturbamento esistenziale’ che rende, questa volta, l’angelo
antagonista della sua stessa divina indole, assumendo definitivamente materiale
veste di protagonista nell’esistere. Un angelo immerso nell’uomo, ammatassato
tra le sue dolorose esperienze del quotidiano.
Le poesie
sono accompagnate da tre interessanti illustrazioni perfettamente in linea con
ciò che l’opera vuole esprimere.
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Recensione |
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