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Arte e Bottega

Libro realizzato dalla Confartigianato di Ferrara, con il contributo della locale Camera di Commercio ed in parte dell’Istituto di Storia Contemporanea. E proprio la direttrice di quest’ultimo, Anna Maria Quarzi, è anche curatrice dell’opera. Nella sua preziosa prefazione (Storia e futuro dell’artigianato) vuole porre il dovuto accento (non tralasciandone però l’altra faccia della medaglia, l’insieme delle altre attività lavorative e commerciali) sull’Artigianato, di cui Arte, prima parte del titolo, ne sintetizza l’accezione: «Riscoprire la storia dell’artigianato, riscoprire il “saper fare” nella consapevolezza della globalizzazione e dei “nuovi saperi in un Paese e in un territorio come il nostro, ci sembra una delle strade che i giovani dovrebbero percorrere», cfr. p. 8.

Oltre il benefico stimolo della Quarzi, una buona notizia perviene altresì dal segretario generale del committente Confartigianato, Giuseppe Vancini, al quale è stata data la responsabilità dell’introduzione al testo. Ed è qui che, tra le righe, a proposito di questa pubblicazione, egli annuncia che «il progetto vuole avere una ricorrenza annuale», cfr. p. 11.

   Arte e Bottega. Dunque, se al termine Arte abbiamo dato il suo concreto volto (anche se non era comunque difficile capirlo), rimane ancora da scoprire cosa si celi in Bottega.Ed è un cimento non più arduo del precedente. Bottega è di fatto sinonimo di “commercio”, ma funge anche da trade-union tra l’artigianato (in quanto sede logistica della relativa attività) ed il commercio (bottega = negozio). Ne scaturisce la bellissima immagine dell’inequivoco interscambio tra un’attività e l’altra (mestiere e rivendita), spesso necessario ed inevitabile. Si pensi, ad esempio, alla panificazione ed alla sua diretta vendita. Titolo ampiamente azzeccato, evidentemente. Senza trascurarne, peraltro, un suo, non secondario, aspetto estetico.

   Sta di fatto che la sostanza prevalente, sulla quale le autrici hanno voluto esporre, verte fondamentalmente sull’Artigianato, pur non trascurando una nutrita, molto importante serie di contorni di pertinenza, attingendoli dalla rilevanza del lavoro umano, del titolare nonché dei suoi dipendenti. Approfondita analisi, prevalentemente localizzata nell’ambito provinciale del Ferrarese ma talora estesa a ragguagli nazionali; statisticamente sostenuta da dati storici e analiticamente avvallata da supporti documentali (fotografie, tabelle, insegne… ritagli di giornali, richiami di pubblicazioni specialistiche); coerentemente impostata secondo le più stratificate organizzazioni, corporative-settoriali, sindacali ed economico-sociali, a seconda delle varie epoche. In quattro capitoli ne sono dissezionati gli aspetti di massima, commisurati agli squarci temporali a decorrere dal periodo post-unitario, passando per il ventennio fascista ed il secondo dopo guerra, e fino ai nostri giorni.

   La conclusione è d’una eloquenza tale che ci dà la giusta dimensione d’un mondo, soprattutto quello del singolo artigiano, che sembrava scomparso o lì lì per scomparire, e che (facendo di necessità virtù, verrebbe da dire) improvvisamente si ripropone. Magari in forme più evolute (e perché no!) ma s’è visto risorgere dalle proprie ceneri. E c’è di più: s’è rivelato sbocco, soluzione occupazionale nelle peggiori contingenze finanziarie ed economiche. Ecco perché sembra rinascere, ancora, anche oggi.

   Le due autrici ci dicono ancora che, in ogni caso, purtroppo, ripercorrendo piazze e vie cittadine, spesso la toponomastica ne rievoca i ruoli. Allora ci si accorge che, nonostante questo particolare, benvenuto recupero di vecchie, se non antiche tradizioni, molti mestieri sono definitivamente scomparsi, senza possibilità di ritorno: carradori e conchellari, mastellari e vasellari, pelacani, sogari, brentatori, chiodaioli e chiodari, armari e spadari… e chi più ne ha più ne metta.

Recensione
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