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È, questa di Silvia Trabanelli, un’opera prima. Una
silloge poetica composta da quarantacinque componimenti liberi nella forma e
quasi liberi nella punteggiatura, a centratura di computer, con predilezione di
strofe uniche e brevi.
A parte i ringraziamenti ai due sponsor, che hanno
permesso la pubblicazione, ancora prima, nella pagina che li precede, prima
pagina in assoluto del libro, un esergo dedicato al marito dell’autrice dà già,
se non proprio il là della raccolta, almeno l’indicazione di una delle
direttrici principali. Di fatto, una motivazione all’ispirazione della poetessa
è incentrata sul dualismo sentimentale (maschio-femmina) che riguarda appunto
lei ed il marito, avendo riguardo all’esperienza coniugale ma anche, sembra di
capire dai versi, alle vicende amorose prematrimoniali di coppia.
Altra, parallela direttrice si palesa in un
esistenzialismo vissuto nella versione negativa. All’insegna d’un pessimismo di
fondo, che ne fa la base portante della raccolta. Consequenziale a ciò,
specialmente, ma non solo, nelle composizioni iniziali (l’eponima Ascoltando
il vento; e quindi Non piangere; Oltre la morte; ed in maniera
più che eloquente Ali… ecc.) emerge, altrettanto evidente, il tema della
"fuga". In proposito, la consistenza dell’evasione talora si manifesta in una
semplicistica possibilità onirica, accarezzata dal sogno; talaltra, invece,
esplode (perché in tal caso la manifestazione si palesa senza mezze misure e,
soprattutto, con maggiore frequenza) nella dimensione astratta e terminale della
morte, quale fuga per eccellenza. Tale prospettiva rimette paradossalmente in
discussione la vita, l’esistenza. In quanto fornisce alla poetessa nuove
occasioni di poetica riflessione sul passato ma altresì su un rigenerato
presente, commisurato all’ideale. E da questo punto di vista v’è un ripescaggio
del sogno. Con la differenza che, nella circostanza, il riferimento è un
sogno-idea di ritorno, vissuto col senno del poi.
Cosicché "fuga" ed "amore" assolvono a
passe-partout del contesto poetico della Trabanelli. Tali due manifestazioni
tuttavia vengono trattate con molteplicità, e mai con univoca, reiterata
applicazione estetica. Momenti diversivi che, strofa dopo strofa, costruiscono
l’ideale aplomb, senza il quale non si gusterebbe la poesia.
La natura veste, anch’essa, la sua parte,
supportando in maniera egregia, anzi spesso determinante, la basilarità
tendenzialmente monologica dei versi.
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Recensione |
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