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Pasquale Luongo, insegnante, editorialista, alle spalle una decina di
pubblicazioni, con Catturare una stella «ha voluto trasferire […] una
scintilla di verità relativamente ad una vicenda realmente verificatasi e che,
comunque, lo ha coinvolto umanamente», in quanto figlio del protagonista in
primis – da una nota a fine libro, di G. Celico.
Romanzo se non autobiografico almeno parte di una domestica
biografia, per sviluppare il quale l’autore ha attinto da una serie di epistole
scritte dai due interpreti di una love story che ne caratterizza la trama,
esordendo dal plafond bellico del secondo conflitto mondiale. In base
all’interpretazione critica del succitato Celico, in ibidem, «L’attuale
"cronaca" è solo un momento del suo indagare il passato e anche le vicende
familiari con l’occhio disincantato di chi conosce la "furbizia della storia"».
Sta di fatto che è stato innescato uno di quegli non inusuali
meccanismi che rimettono in moto
la Storia, la fanno rivivere, dando
ulteriore contributo ad un’oramai consacrata memoria.
Nella fattispecie si tratta di un consolidato memento, che una
volta tanto non snatura la dinamica degli eventi, bensì ne stratifica una già
suggellata immagine, per niente distorta, semmai assolutamente conforme a come i
testi didattici e le narrazioni dei nostri avi ce l’hanno presentata. Con
l’edulcorante aggiunta, peraltro, d’un tratto individuale, che apporta una
peculiarità diversiva alla statica "fotografia" dello scenario della seconda
guerra mondiale. Vale a dire: la vicenda di un amore di coppia, che, come molti
altri dacché mondo è mondo, colora le monotonie dell’esistenza, ma che, nella
sua singola e singolare sequela aneddotica, ne fa, alla fin fine, un supporto
letterario univoco. Una storia d’amore allegata alla Storia universale. Storia
d’amore che, purtroppo o grazie ad essa, chissà (non si sa, non si può andare al
di là della volontà del destino senza creare incongruenze storiche), non è
andata a buon fine.
Sandro, di Praia a Mare, ed Anna, di Imola, nella loro protratta
parentesi amorosa, rappresentano lo iato dissolutore dei preconcetti che,
purtroppo ancora al giorno d’oggi, in una certa qual misura, a priori dissolvono
la facile convivenza nei rapporti tra la società settentrionale e quella
meridionale. Tale iato, filo salvifico dell’umana decenza, capace di ridare
consistenza ad una coerenza d’intenti etici, oltreché religiosi, trova un
ridimensionamento specificamente nell’insuccesso del rapporto d’amore tra i due
personaggi di sesso opposto. Più ampiamente, sono coinvolte le loro famiglie e,
dunque, potenzialmente se ne può estendere l’ulteriore spigolatura, ai due
diversi contesti sociali, Nord e Sud, come s’era in precedenza detto. Nella
definitiva quadratura, pertanto, duole ammettere che prevale il movente d’una
reciproca discriminazione.
È chiaro che un amore può terminare a prescindere dalle barriere
geografiche, purtuttavia la letteratura si rende più che icastica nelle sue
manifeste trame e non si può prescindere da una soggettiva allegorizzazione dei
suoi significanti. Che poi, come nello specifico, a posteriori, vi sia il
sigillo della dichiarazione di realtà che si è data in pasto al lettore, il
fatto non assume grosse attenuanti.
Senz’altro il lungo preludio bellico, foriero del ricovero ospedaliero dal
quale consegue la lunga parentesi di Sandro in terra imolese, dando input al
romantico approccio, è pregevole. Anzi, direi, quasi bastevole per se stesso, ai
fini d’una valenza di qualità, utile al libro nella sua interezza.
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Recensione |
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