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Nicola Cara Damiani,
autore dell’originale intreccio narrativo in effigie è alla sua opera prima.
Sì, un “originale
intreccio narrativo”, che, per estensione, classifichiamo come romanzo breve.
Solo ed unicamente in quanto è l’impostazione strutturale ad implicarlo. Mentre
più realisticamente, per una questione meramente tecnica, vi prevarrebbe una più
marcata visione teatrale. Prendiamone in considerazione un paio di non
indifferenti aspetti e conseguenti rilievi. Primo, l’ambito ambientale,
ristrettissimo, limitato ad una panchina, sempre la medesima, d’un circoscritto
parco urbano, o alternativamente l’altrettanto limitativa abitazione dei due
ragazzi coprotagonisti. Secondo, la più che limitata cerchia degli interpreti,
triangolare, tutti in egual misura protagonisti (Gabriele, anziano lettore d’un
fantomatico libro, inconcludente, la cui fine coincide al compimento
dell’esistenza terrena del vecchio stesso; e due giovani amanti, conviventi,
neolaureati, lui, Franco, in Ingegneria informatica e lei, Giulia, in Lettere e
Filosofia). Si vede bene come la commedia potesse essere l’ideale mezzo
letterario su cui sia il finalismo (e con ciò già s’intuisce il piano
teoretico-teleologico dell’opera) e sia la trama avrebbero potuto incontrare un
più coerente impianto, molto probabilmente anche più intellegibile. Tuttavia la
trama si dipana, pur nella sua speditezza ed, all’opposto, in una sorta di
proginnasma inizialmente a due e poi a tre, in un’abbastanza intensa, e talora
ironica, percorrenza narrativa.
I tre personaggi in sé
indicano già la via maestra del romanzo: la ricerca, sul piano meramente
ipotetico e dunque teoretico, d’una potenziale verità filosofica, nel contempo
emotiva nonché morale, circa l’ipotesi (al giorno d’oggi nemmeno troppo
azzardata!) d’una tipologia di Uomo supportato, nelle sue funzioni fisiologiche
e vitali, da un’energia di natura elettronica. Non però un ‘Uomo bionico’;
bensì, addirittura oltre tale futuribile evenienza, un Homo Cyberneticus,
dotato d’un cervello elettronicamente potenziato.
Una ricerca-studio
tutto sommato interessante, sviluppata sul fronte prettamente dialogico, domanda
e risposta. La cui estensione comprende, nelle sue ordinate fasi progressive:
osservazioni ontologiche (capitolo I, Ontologia); approfondimento sulla
personalità femminile sotto il profilo dissertativo, ed in certo qual modo
digressivo rispetto all’argomento teleologico primario (capitolo II, Giulia);
approccio sul rapporto di coppia, ugualmente digressivo (capitolo III, Tesoro);
raggiungimento d’un traguardo di praticità (capitolo IV, Deontologia);
compimento del ciclo vitale dell’esistenza umana, in ossequio all’ossimoro
nascita-morte, affiancata alla considerazione che è l’Amore il prescindibile
fattore d’umana, civile convivenza (capitolo V, Amore).
È proprio l’ultima
parte il simbolico fotogramma di lettura del tutto. Il raggiungimento dello
scopo (finalismo), apparentemente positivo nel suo itinerario ricognitivo della
conoscenza, passa per i fondamenti teoretici delle varie interpretazioni
filosofiche, partendo da Platone e Aristotele e fino a Kant e Nietzsche. Sarebbe
stato opportuno, ed avrebbe trovato certamente almeno altrettanto fertile
terreno di discussione, accennare alle filosofie attuali, prevalentemente basate
sull’esistenza. Ed interesse non da poco avrebbe potuto sortire la
filosofia patristica, specialmente quella sostenuta da Sant’Agostino. Ma tant’è.
Tornando a Nietzsche,
è precisamente l’approccio del “Superuomo” che sviluppa il programma di
discussione dell’opera. Ma si va oltre, giungendo a coniare un quanto mai
blasfemo “Uomo onnipotente”. È da qui che esordisce e s’incentra il triplice
dialogo sull’ Homo Cyberneticus.
Nell’ultimo capitolo
s’apre altresì l’aspetto enigmatico circa la presenza del “vecchio lettore dello
strano libro”, che, per com’è descritto e per come agisce, e soprattutto per
come scompare definitivamente dalla scena, può dar addito non ad un’unica
simbologia ma addirittura ad una serie di simboli. Scavalcando la riga finale
del libro, dove l’autore scrive «I due si guardarono negli occhi e capirono…!»
che, a ben guardare, considerati i puntini di chiusura, potrebbe voler dire
esattamente il contrario di ciò ch’è scritto, lasciando così al lettore di
provvedere per se stesso, con la sua intuizione, si potrebbe tentare di dire che
il vecchio rappresenti: 1) o l’arcangelo Gabriele, stando in sintonia col nome;
2) o, più genericamente, un angelo; 3) o la personificazione della Filosofia; 4)
o, più semplicemente, la Conoscenza (leggasi: sete di conoscenza applicata,
nella fattispecie, a Franco e Giulia); 5) o ancora il Destino, oppure, se meglio
si gradisce, il Fato umano.
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Recensione |
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