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L'ormai "consacrata" predisposizione di Gianna Vancini
a porre ordine nello stratificato disordine dell'agiografia, la più radicata
nella fede popolare, l'ha catapultata in un nuovo, molto affascinante cimento.
Una ricerca sull'identità dell'ennesimo santo: Nicola da Tolentino. Non meno
impegnativa, anzi fors'anche più travagliata delle precedenti – frammenti
iconografici di San Nicola da Tolentino sono presenti già in una delle
antecedenti sillogi di narrativa della Vancini, La mela e il giglio,
nel racconto "Un abito bianco", risalente al 1998 –, la ricostruzione delle
fasi salienti della vita del tolentinate è, come sempre, puntualmente
recuperata, nella flemmatica correttezza e nella metodologica indagine che
contraddistingue la nostra ricercatrice. Lo si presume, ancora una volta,
nella contestualità delle ragionate e consequenziali argomentazioni che
supportano le vicende e le azioni dell'uomo di fede.
Il Santo di turno, oltre a godere una fama in
extenso nel natio territorio maceratese, vanta un culto assai diffuso a
Ferrara (città d'appartenenza dell'autrice), e più in generale nell'Emilia
Romagna.
Nel ferrarese il suo culto è probabilmente più noto
di quanto si pensi. Ben sedici sono i luoghi di culto che quivi accolgono o
accolsero elementi iconografici e/o cultuali inerenti San Nicola da Tolentino,
cattedrale compresa.
Ma molte altre sono le città che lo hanno eletto a
loro patrono, compatrono, o protettore. Tra queste Roma, Firenze, Napoli,
Venezia, Ancona, Brescia, Bologna, Verona, Vicenza, Lecce, Palermo, Catania.
Un culto che oltrepassa le frontiere della nostra Penisola, con un respiro
anzi addirittura intercontinentale (Spagna, Francia, Belgio, Germania,
Americhe…).
Il mezzo di maggiore azione taumaturgica, molto ben
rimarcato dall'autrice, sono "i panini" da lui benedetti, dai prodigiosi
effetti curativi, certamente oltre le normali cognizioni mediche.
Le icone che lo contraddistinguono più
frequentemente, in base ai vari reperti di pertinenza, sono: "il libro delle
regole agostiniane" (secondo il suo ordine d'appartenenza religiosa), "il
giglio", "la croce o altrimenti il crocefisso" e, «segno iconografico per
eccellenza12.0pt;font-family:"Agency FB";»,
"la stella in mezzo al petto". Si tratterrebbe della rappresentazione d'una
stella apparsagli e che praticamente gli indicò il luogo in cui doveva
morire.
Nicola (Guarutti o forse Guarinti), nato a Castel
Sant'Angelo (ora Sant'Angelo in Pontano), provincia di Macerata, nel 1245 e
morto a Tolentino nel 1305, venne finalmente santificato il 5 giugno 1446 da
papa Eugenio IV. Prima di questo papa, furono Giovanni XXII, Innocenzo VI e
Bonifacio IX ad averne a cuore la canonizzazione.
Il libro demarca peraltro un parallelo percorso
caratterizzante la dinamica dell'ordine agostiniano – per il quale San Nicola
rielaborò la regola, come già riferito.
La Vancini12.0pt;
ne prende in considerazione le varie vicissitudini che
delinearono specificità in seno al medesimo ordine. Un excursus
inevitabilmente diacronico, che, intromettendosi nel rigoroso ambito della
definizione di santità del personaggio principalmente studiato, e di
conseguenza ampliandolo, offre un rendiconto maggiormente eloquente e nel
contempo ne allarga l'azione dell'opera pastorale, intellettiva eppure
concreta.
Assieme alla notevole bibliografia e ad un
altrettale nutrito apparato iconografico è stata inserita un'appendice che
richiama un miracolo inconsueto del Santo, conformemente ad
un'originale documentazione attinta dall'Archivio Storico Diocesano di
Ferrara. Supporto che, aggiungendosi alla già di per sé ottimale analisi
sull'eroicità globalmente richiamata nel saggio, giova ad evidenziare una
volta di più la statuaria figura del Santo. Un vero gigante in tutti i sensi,
anche dal punto di vista corporeo, essendo San Nicola un uomo dalla taglia
abbondantemente superiore alla media, considerata anche l'epoca in cui visse.
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Recensione |
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