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La geometria del viaggio
«Come può venire in mente di scrivere una geometria del viaggio?» è la domanda
con la quale Piero Valdiserra introduce alla costruzione di questo strano
libretto intitolato, appunto, La geometria del viaggio. La stessa domanda
me la son dovuta porre anch’io prima d’inoltrarmi nella lettura; ma anche dopo,
nell’atto riflessivo. Proprio per cercare di trovare un sensato fondamento
critico. Fatto sta che, alla fine, mi sono convinto della validità dell’opera.
Validità comunque non pienamente sostenuta. Ma supportata da una semi logica.
Scritto dunque, ciò premesso, che sta un po’ sulle sue.
Con ciò cosa voglio, in definitiva, sostenere?
Intanto che fino più o meno alla metà dell’opera si tratta di quel dichiarato
(fin dal titolo) spunto ludico-geometrico che dà vero stimolo alla lettura.
Perciò per metà è tutto o.k.. Poi però l’altra metà esula da quell’inizio.
Stando al nocciolo dell’attenzione suscitata dal titolo, la vera logica sui
livelli d’una applicazione matematica, applicata all’analisi del viaggiare,
puramente ludico, verrebbe meno. Pertanto crederei che le argomentazioni
implicate, che assurgono ad una sorta di consigli alquanto distonici rispetto al
quadro primario, non rientrino nella giusta orbita d’un eventuale motivo
d’ampliamento della tematica di fondo. Anche a posteriori, dopo aver letto
Debiti, che funge, proprio nelle pagine di chiusura (cfr. pp. 45-47), da
dichiarazione dell’autore circa l’input che l’avrebbe sollecitato a scrivere
sull’argomento viaggio, oltre la prima parte ludico-geometrica, non sono
riuscito a percepirne la pienezza dell’idea.
In pratica, da quanto afferma in Debiti, Valdiserra sarebbe stato
smosso dagli spunti presi a prestito dal quotidiano “la Repubblica”, e da autori
quali Luciano De Crescenzo, Carlo Cipolla, Xavier de Maistre, Osvaldo Soriano,
Hermann Hesse, Piero Camporesi, Attilio Brilli, Italo Calvino, Orazio, Bacone,
Clarissa Pinkola Estés. Nomi eccellenti, importanti. Sotto quest’aspetto credo
che nessuno possa obiettare. Però, nell’economia dello scritto, fungono da vano
richiamo. Sono fuori luogo. Non contribuiscono a far quadrare il tutto.
Sempre attingendo da Debiti, per quanto riguarda il concetto chiave,
sviluppato nella prima metà del libro, gli ispiratori d’una sì inusitata
applicazione geometrica, sono Cartesio, Leibniz e persino Einstein. Ed, a parte
quest’ultimo, direi che i primi due potevano essere intuibili.
Il gioco di Piero Valdiserra viene sostanzialmente esposto alla visiva
realizzazione di due assi cartesiane che, negli successivi sviluppi, si
moltiplicano in quattro e poi sei, dando luogo a quote via via esponenziali
d’esperienze, ricordi e/o sensazioni derivanti dal viaggiare, inteso in tutte le
sue possibili ed immaginabili propensioni (per diporto, per lavoro… per altra
necessità) le cui varianti da abbinare possono essere assunte dalle più
disparate ipotesi. Lasciando, poi, al lettore il compito di sbizzarrirsi in un
facoltativo approfondimento.
Se in definitiva l’opera dev’essere valutata, non per una sua concreta
utilità, dal cui contesto non se ne intravvede, bensì per il già accennato
aspetto ludico, è doveroso aggiungere un ulteriore, positivo, aspetto. V’è
infatti un’attraente angolatura, ravvisabile nella proposta dell’Io Narrante in
prima persona. Che soprattutto è atteggiata a sibilino oracolo del relazionare.
Io Narrante sempre introiettato con estrema nobiltà e diplomazia, rivolgendosi
ad un «Amico Lettore», che invariabilmente ripercorre le quarantatré tappe che
suddividono il tutto.
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Recensione |
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