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L’amante del Governatore

Con questo bellissimo terzo romanzo, Franco Mari, demarca il passaggio ad un’acquisita ottimale maturità scrittoria, anche più propriamente linguistica. Osservazione evidente e comparazione immancabile dopo la lettura, puntualmente avvenuta a suo tempo, de La Gilda. Altro romanzo, quello della Gilda, intenso, non privo d’una sua intrinseca bellezza narrativa. Ma L’amante del Governatore sta su un piano nettamente più elevato, per completezza nonché per coerenza narrativa. Non per niente, a fine opera, nei ringraziamenti, l’autore menziona in particolare cinque intime persone, di fatto collaboratrici nella stesura. È proprio vero che “l’unione fa la forza”!

Credo anche che un esito letterario così delizioso dipenda almeno da un altro duplice fattore, altrettanto palese: la famigliarità del tempo-luogo ma soprattutto dei personaggi, nella mente di Franco Mari.

Primo, per il fatto che la trama, storicamente datata negli anni 1934-’40, cioè nell’immediato periodo prebellico del secondo conflitto mondiale, riguarda personaggi (almeno due tra i principali protagonisti: il capitano Paride Pasini ed il governatore della Tripolitania, Cirenaica e Fezzan, Italo Balbo) in qualche modo noti, se non arcinoti, all’autore, nativo a pochi passi dal paese di loro origine. Parlo in special modo del Pasini, e di Balbo. Tutti, autore incluso, ferraresi. Chi di Quartesana (Balbo); chi di Portomaggiore (Pasini e lo stesso Mari).

E, secondo, perché la tragica vicenda di Italo Balbo (il suo abbattimento avvenuto dalla contraerea a Tobruk – nemica, secondo Mari, ma verosimilmente amica, in quanto frutto d’un presunto complotto ordito probabilmente dallo stesso Mussolini) è sempre viva nella memoria dei Ferraresi, e non può non esserlo nel nostro autore. Ragione per cui la parte d’invenzione inserita nella trama trova, anch’essa, una sua consolidata validità, non troppo dissimile dalla realtà, da dare in convincente ed avvincente pasto al lettore.

Nell’organizzazione della fiction narrativa il Governatore Italo Balbo, che è veramente un Eroe (lo è di fatto nella Storia e nel romanzo), è però un eroe-protagonista molto poco presente. Quasi un fantasma. Egli appare di sfuggita, all’inizio; e poi, nel filo del narrato, solamente nei riferimenti del Pasini alla favorita, amante del Governatore. Anche questa, di conseguenza, solo ipoteticamente concubina. E, seppure, i due amanti non consumeranno mai il loro carnale atto amoroso, l’amante, bellissima berbera, poco più che adolescente, Salima, ne rimarrà in ogni caso appassionatamente legata e soprattutto, per motivi più etnici che civici, segnata nella vita privata.

Il luogo d’ambientazione del romanzo, l’oasi di Giarabub, in Libia, nella sua analoga verisimiglianza purtuttavia aiuta l’intreccio ad assumere discreto valore fiabesco, abbellendone le pagine. Sotto questo aspetto bisogna fare particolari complimenti allo scrittore. Tra le molteplici note del narrare, non solo la descrizione dei posti ma probabilmente ancora di più dei momenti caratterizzanti le emozioni più vive della protagonista al femminile, Salima, è indorata di fulgidezza e di fiabesche metafore.

Inoltre, sempre dal lato prettamente sentimentale, emergono veri e propri valori umani. Universalmente umani!

In primis l’amore, autentici dardi di Cupido sia per il Governatore sia per Salima. Love story che origina dalle lontane, ataviche percezioni dei sensi, che sanno recepire quell’attimo altrimenti fuggente, capace d’offrire comune occasione d’incontro e d’innamoramento.

Non ultima l’amicizia tra Salima e Paride. Ognuno con la propria esclusiva consapevolezza d’appartenenza ad altri valori o ad altre persone, riescono comunque, nella loro accomodante reciproca vicenda, a scrivere pagine d’alta, poetica moralità.

Mentre, in parallelo, si staglia l’enorme figura, quella della non più giovane Ghada, ex prostituta berbera, istitutrice, insieme al capitano Pasini, della futura (d’un futuro, come si disse, mai compiuto) amante del Governatore. Donna vissuta ma che dell’esperienza ne ha fatto incomparabile tesoro. E tale sua dote non esita a metterla a disposizione del prossimo. Soprattutto in funzione dell’apprendimento di Salima, per lei come quella figlia mai avuta ma che avrebbe fortemente voluto avere.

Recensione
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