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Romanzo, questo di Alida Casagrande, palesemente
gravitante attorno al titolo, Legami di sangue.
Nell’insieme si può dire che si tratti di un buon
romanzo.
Genere parallelo alla soap opera.
Sembrerebbe stato scritto apposta per la televisione!
Assorbente ed intrigante nelle vicende che lo
caratterizzano.
A parte qualche ingenuità da un punto di vista
introspettivo, che anima i personaggi principali e che si ripercuote alla fin
fine sulla dinamica degli accadimenti, l’autrice sembra a suo agio
nell’intessere trame parossistiche, degne dell’attenzione del lettore.
La tecnica di scrittura adottata rende l’intreccio
globale movimentato, spesso difficile da essere captato, imprevedibile. È un
susseguirsi d’azioni impensabili, tutt’altro che scontate. Specialmente nel
finale, piatto forte della narratrice. Proprio alla fine del romanzo, a
pochissime pagine dalla conclusione, si assiste ad un vertiginoso carosello,
uno scatenamento di descrizioni più che mai imprevedibili. Qui la suspense
è fortemente abrasiva, intensa, tale da invogliare ad una lettura veloce, con
la quale cercare d’arrivare il prima possibile alla meta delle varie sequenze
aneddotiche. I risvolti sono davvero incredibili. Laddove, dall’incipit e fino
a buona parte (più di tre quarti della trama) si assiste ad un lavoro di
scrittura creativa sul filo di lama dell’incertezza che guarnisce al massimo
un paio di accadimenti; nella parte finale v’è una letterale esplosione di
creatività, di vera fantasia. La morte di Toni, il protagonista al maschile,
ed eroe principale del romanzo, proietta fin dall’inizio le aspettative del
lettore nella canalizzazione dell’omicidio o del suicidio, mentre
l’alternativa, che poi si dimostra essere la soluzione fondante, della
disgrazia, una malattia del tutto insospettata, è, in realtà, solo l’inizio di
una pirotecnica serie di sorprendenti nodi di congiunzione.
Di fronte alla morte, innegabile molla del
romanzo, il doppio interrogativo di p. 62: «È giusto morire in quel modo
e così giovani? E allora, cos’è giusto e cos’è sbagliato?» sembra il vero
fulcro del significato esistenziale dell’opera. Purtuttavia vi sono ulteriori
elementi d’amore-odio e di dominio-soggezione a rendere vivo il filo
conduttore della trama, ben organizzata e, se non fosse giustappunto per quel
briciolo di predetta ingenuità, sarebbe davvero appetibile, molto, molto
coinvolgente.
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Recensione |
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