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Bella, interessante accoppiata questa tra Alberto e Dalila Liguoro. Nonostante ognuno persegua un suo peculiare stilema – peraltro molto simile, anche se non proprio uguale – denotante un timbro in entrambi i casi emancipato rispetto alla norma, l’idea di fondo che d’acchito sovviene è di un eccentrico modus di interpretare la poesia. E, siccome la raccolta in questione, sostenuta ed avvallata dall’icastico titolo dell’opera, per quanto abbia tutte le caratteristiche d’una miscellanea, deve essere intesa, per volontà degli autori, come poetica, occorre dire che si tratta d’una poesia nel senso più lato, che sfrutta tutti i suoi trecento-e-sessanta gradi che la definiscono. Poesia al di là dell’apparenza, persino. Lo asserisce, con veemenza, Alberto Liguoro nelle sue note di pag. 39, laddove scrive: «[...] le poesie appartengono a tutti [e verrebbe da aggiungere: “anche ai non-poeti”]». Poco sotto aggiunge che della poesia si devono intendere «varie diramazioni [...], qualsiasi frutto della fantasia e dell’energia espressiva». Che poi la poesia rechi in sé i presupposti di un arricchimento (cfr. p. 40, in Cos’è la poesia?), è poco ma sicuro. L’eventuale problema è di individuare con una certa (anche se ampia ma comunque compresa in determinati limiti) approssimazione dove inizi e dove finisca il fenomeno poesia.

Se mi si dica, poi, che la poesia esiste anche nella letteratura in prosa, sono d’accordo fino al punto in cui si chiarisca che nella stessa prosa sia ravvisabile un autentico senso estetico, incontrovertibile e palese almeno alla maggioranza dei lettori. Altrimenti, bisogna scordarsi che esista la poesia.

Ritornando più d’accosto ai nostri due autori-poeti, in questo specifico contesto, in particolare si desume palesemente che, dei due Liguoro protagonisti del libro, Dalila dà dimostrazione di giocare sul doppio (e forse anche triplo) uso della parola senso; mentre Alberto è un inventore di forme poetiche incentrate sul rebus.

In conclusione, nell’indiscutibile caos che gestisce l’ensemble delle due parti della silloge, un’osservazione palesemente chiara sta nel fatto che per i due scrittori (il che vale preferenzialmente per Alberto) non si assiste ad un univoco modus poetandi, bensì alla loro spiccata propensione ad un’infinita ricerca poetica.

Recensione
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