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Le presenti schizzate poesiole a
scappatempo (p. 58) di Miclele Brucalassi, se non fosse per l'isolata
Bricolage all'alba, di pagina 61, sarebbe difficoltoso catalogarle tra la
poesia. Esiste una peculiare prosa in versi che di fatto è indice di
tutt'altra tipologia letteraria. Ma è altrettanto veritiero che la stessa
dislocazione in versi ed i conseguenti stacchi delle strofe propendono per
definirne, se non la natura, almeno l'intenzione poetica. Di fatto, oggi come
oggi, visto che il canone è un molto soggettivo e discutibile optional,
è sufficiente che sia il medesimo autore a dichiararsi o poeta o narratore, a
seconda della sua congenialità e mentalità.
Trattandosi,
incontrovertibilmente, nella fattispecie, di poesia, per quanto sui generis
possa essere, è opportuno riservarle la critica consequenziale.
Ebbene, anticipando che nella
poesia più che mai la soggettività prevale sull'oggettività, per cui, il
parere individuale di un critico può facilmente contrapporsi in toto al
parere di un altro critico, vorrei dire che il tipo che Brucalassi ci propone
potrebbe essere individuabile come una poesia dell'azione piuttosto che
una poesia del concetto giocata nell'astrattezza della parola. Non che non
siano ravvisabili iperboli, metafore, allegorie. Esse sussistono, nel contesto
della raccolta. Il fatto è che sono avvertibili nella dura cogenza del
vissuto, a significare qualcosa che va oltre l'icasticità, stampando un
ulteriore sigillo. La rappresentazione del reale è già realtà essa stessa,
negli schemi poetici dell'autore. Non ha bisogno della sua manipolativa
interferenza cerebrale; né di metafore né di successive decriptazioni del
lettore.
È spesso una poesia dialogica
molto ironica, dalla desueta cadenza del cantastorie. Ma, come talora avviene,
anche i motivi più arcaici, possono essere validi supporti per arricchire
un'originalità impregnata di glorioso passato.
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Recensione |
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