| |
L’opera ora in disamina è l’antologica performance d’un nutrito numero –
ben 37 sono gli autori aderenti –, di scrittori ferraresi, nella doppia
tipologia prosa e poesia. Narratori e poeti, sia al maschile sia al femminile,
di un’età media relativamente giovane.
Come mi è solito procedere, nel rispetto di tutti, elenco i
nominativi nell’esatto ordine di presentazione del libro: Enrico Astolfi,
Fausto Bassini, Giuliana Berengan, Teresa Calabria, Antonella Chinaglia,
Elisabetta Chinarelli, lo scrivente, Lamberto Donegà, Marco Felloni, Sergio
Fortini, Michele Frabetti, Maurizio Ganzaroli, Oscar Ghesini, Roberto Guerra,
Stefano Marcolini, Lorenzo Mazzoni, Giuseppe Muscardini, Giovanni Ricci,
Riccardo Roversi, Claudio Strano, Gabriele Turola, Alex Gezzi (tutti questi
per la prosa); Simone Bavia, Paola Bellini, Emanuela Calura, Sylvia Forty,
Aster Hope, Filippo Landini, Luvi Lu, Cristina Malaguti, Luigi Perfetti, Lucio
Scardino, Eugenio Squarcia, Marco Tani, Gian Pietro Testa, Giovanni Tuzet,
Debora Villani (per la poesia).
Inutile dire, considerata la numerosità dei partecipanti, senza
peraltro sottovalutarne la prospettiva d’azione – in quanto nessun tema era
stato prefissato –, quale varietà di stili, d’argomentazioni e finalismi… di
stimoli interpretativi esprima l’antologia.
Ma, in un così eterogeneo ambito, un concetto in ogni caso emerge
nitido, uniformemente eloquente. È l’originalità d’una ricerca del linguaggio,
che, pur nel suo differenziato, musivo ensemble, ravvisa un carattere
certamente non passatista. Sono modelli preminentemente avanguardisti il
leitmotiv di questa ricca collezione d’idee. Non solo nella versione
poetica, che più si addice a tale sollecitazione, bensì, ed in modo
inaspettatamente intenso, nella propensione narrativa. Il rilievo sulla
predetta sperimentazione è bene sintetizzato dalla nota di copertina
(nell’aletta in quarta) di Roberto Guerra, autore e critico a cui non sfugge
il benché minimo indice d’intenti neofuturisti. Anzi, ne ravvisa in primis
i sintomi più reconditi, che, ne sono certo, sfuggirebbero, alla più ordinaria
critica.
La rappresentazione che la metafora della raccolta richiama, nella
poetica accessione del titolo, Schegge di utopia, è il più appropriato
input per addentrarne il lettore. È una duplice manifestazione allegorica, nel
senso di radiante penetrazione, quanto alle schegge; e di profonda
proposta creativa, allargata sino agli estremi di un’appetibilità sempre e
comunque ideale e purtuttavia non ideologica, straripante quell’orizzonte
semantico e teoretico aduso alla definizione più stretta dell’utopia.
L’utopia qui esce dal guscio dell’ideologia per adagiarsi nell’afflato di vita
estrapolato dall’invenzione creativa, già di per sé improbabile realtà, frutto
della fantasia prestata dalla quasi totalità dei 37 scrittori, nella
demiurgica simulazione che annerisce e rende opera d’arte la pagina scritta.
| |
|
Recensione |
|