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Opera prima questa silloge poetica di Antonio Breveglieri. L’insieme è assemblato da una quarantina di componimenti, tutti rigorosamente senza titolo.
A mio parere è l’approccio referenziale che predomina, e ne lascia un suo indelebile tocco, nell’amalgama estetico dei versi. Sostanzialmente, d’un qualsiasi contesto poetico, la primaria funzione di godibilità è assolta, anche se non se ne possa fare una fissa regola, dal linguaggio. Nell’espressione aprioristica del linguaggio: 'la referenzialità'. La sintonizzazione tra il verso ed il lettore, e di conseguenza tra l’autore ed il lettore, spesso avviene proprio grazie a questo presidio estetico. E quando capita ciò, be’, allora significa, fin dal primissimo approccio, che la poesia data in lettura è certamente degna di considerazione, a prescindere da ogni altro presupposto poietico. Nello specifico, la proposta, e, direi, altresì la costanza di tenuta, della versificazione di Antonio Breveglieri coinvolge subito, in quanto è precisamente la referenzialità a demarcare la capienza del sunto poetico, qualunque sia lo stimolo argomentativo. Breveglieri sembrerebbe adottare un referente sempre bifronte, sia nella soluzione individuale sia in quella abbinata. Ed in questa seconda ipotesi, o nella combinazione femminile o nella polifonia della Natura. La realtà è che risalterebbe, in primis, un’univocità individual-soggettiva. L’esordio, estrapolabile dalle prime poesie, dà voce ad un Io o Ego immediatamente riflesso nell’eco del Pensiero. Ed è senza dubbio l’aspetto più attraente della performance raccolta nell’esaminando libro. Dopodichè, ma ad isole immerse nella casistica or ora ravvisata, la posa referenziale verte sulla negazione dell’Ego, rovesciandosi nell’elevazione d’un Tu prevalentemente femmineo (Tu-lei, a suggello d’un umano rapporto di coppia), ma non sempre (tra la voce della donna e/o della madre è infatti infiltrata quella del padre). Una terza struttura del referente, non minore della precedente, è la soggettivazione o l’individualizzazione della Natura. D’onde emerge, questa volta, il predominio d’un Tu-Natura, intendendo ogni possibile accessione agli elementi della natura – esclusa quindi la natura umana. E, da questa prospettiva, sono spesso le stagioni a rendere l’adeguata cornice ai versi. Non è estraneo un pessimismo di fondo, in questa tipologia di poesia. Pessimismo che scaturisce da credenziali ateistiche – non lo sconfessa l’autore: cfr. p. 34 –, le quali implicano una "sonnolenta solitudine" – cfr. p. 29. Una solitudine fin troppo palese, al di là dell’esplicita autodenuncia del poeta, intravista all’insegna d’una sonnacchiosa interpretazione del verso. Perché, nella lettura, essa, purtroppo – una nota stonata tra tanto di buono –, ne intorpidisce la resa. |
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