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Maurizio Tumiati è al suo primo cimento editoriale. Una stella per
amica è un’opera che, nella sua tipologia di prevalenza fiabesca, ingloba
una complementare abilità illustrativa, non indifferente, dell’autore. Oltre
alla copertina, dove viene didascalizzato, in maniera alquanto eloquente, il
titolo del libro, vi sono, all’interno, altre due veline d’illustrazioni, ad
inizio e a fine narrazione, il cui stile in filigrana, che dà visibilità da
entrambe le facciate, aggiunge un tocco di raffinatezza tale da impreziosire la
fiaba a prescindere dalla qualità della stessa. E la fiaba non ne avrebbe
bisogno: è già in sé apprezzabile. Racchiuso in essa – ed è quanto viene a
dischiudersi di volta in volta, pagina dopo pagina –, è l’icastico afflato
poetico che solletica l’estro dello scrittore.
La narrazione invero sarebbe romanzesca piuttosto che fiabesca. È
la reiterata introduzione d’elementi metanarrativi che conforma,
girandone il relativo contesto come una cartina al tornasole, la favola; o
meglio: l’insieme di brevi favole. Sì, perché i diciassette capitoletti in cui
s’articola la narrazione danno, ognuno, saggio d’un modus appunto favolistico
d’interpretare la scrittura. Scrittura perciò creativa allo stato puro. La
sequela di microfiabe connota quest’opera sui generis quale unico elaborato,
compatto, concatenato in varie, anche autonome, fiabe.
La fiaba, qui, nella sua stratiforme manifestazione, è registrata
dalla bacchetta magica del sogno. Tanto che ci si possa confondere le idee, se
di vera fiaba si tratti o di sogno. Sogno o fiaba; oppure fiaba o sogno?
Risposta: sogno e fiaba. Ed ancora, considerandone il quadrante aspetto del
romanzo, ci si potrebbe porre la domanda se sia la vita oppure la fiaba, in
alternativa o in alternanza col sogno, a dare corpo alla linearità della trama.
Quindi, l’ulteriore compromettente, possibile risposta è: vita e sogno-fiaba,
senza escludere alcunché. Onde chiarire ciò, si prenda ad indice di raffronto il
brano di p. 15, da Flu, la micia parlante: «Flu mi aveva confidato che le
rane cantano di notte perché con il loro gracidare coprono il battito d’ali
degli angeli che vanno di casa in casa a dipingere i nostri sogni». Dove il
riferimento ai sogni è indicativo, ovvero rappresentativo dell’effettivo
approccio che smuove lo scrittore.
S’era accennato alla poesia. La vera direttrice del disegno globale
del libro. Il terzo capitoletto è, a giusto proposito, intitolato I poeti,
cfr. pp. 12-14. Non a caso! È la dedica all’idea primaria dell’opera. Tra
l’altro l’evidente conferma è data dallo stillicidio di versi, sparsi ovunque,
che fanno da pregiata cornice ad una surreale ed onirica scrittura. Tale è
l’appetibile pubblicazione qui esaminata.
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Recensione |
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