Ci vediamo al Jamaica è un
romanzo che ci riporta in una atmosfera perduta, quella della Milano anni 60
bohemien e idealmente contestatrice, ricca di promesse e idee, particolarmente
feconda nel campo della cultura e dell’arte. Atmosfera ben rappresentata
anche dalle fotografie d'epoca tra cui spiccano quelle di Alfa Gastaldi.
Wilma Minotti Cerini cala i suoi
personaggi immaginari (forse non tutti) in questo contesto reale, sospeso però nella dimensione
fantastica in cui si muovono i protagonisti di quell’epoca, famosi pittori,
scrittori, filosofi che probabilmente vivono una età felice della metropoli
nemmeno troppo consapevolmente, animando i dibattiti culturali e politici nella
benevola condivisione del presente, ancora lontani da quel futuro senza sogni
che contraddistingue la nostra contemporaneità.
Il “Jamaica” è il luogo simbolo
di questa Milano non da bere ma da vivere, locale a conduzione familiare dove si
gustano drink e fantastici panini mentre si discute e si commentano i fatti di
quel presente dove la contestazione era un motivo di coerenza verso se stessi
(ancora per poco) e dove le idee potevano prendere forma attraverso la
reciprocità dei dialoghi e la comunione di intenti.
L’autrice costruisce una storia
ironica, volutamente paradossale, che respira l’aria di allora ma dove i
personaggi conservano la loro autonomia, rappresentando l’allegria ironica che
Wilma Minotti Cerini infonde loro; una leggerezza che contrasta volutamente con
la caratura ideologica ed artistica del periodo, trasferendo nel lettore un
senso di divertente partecipazione ad un tempo rivisitato in una chiave di
sogno.
I due protagonisti del romanzo
infatti, un ingegnere deciso a mantenere la sua libertà affettiva e poco
propenso alla mediazione necessaria per costruire rapporti con gli altri e un
fantomatico quanto improvvisato mago (per campare..), si incrociano in una
Milano calata sì negli anni 60, ma ripresa in un agosto come tanti, quando la
maggior parte degli abitanti è corsa in vacanza e il Jamaica stesso ha perso i
suoi ospiti più illustri per chissà quale meta esotica.
La storia trae spunto proprio
dalla metropoli che cambia immagine nel mese del “riposo” per antonomasia, dove
però tutto è possibile, come l’incontro fortuito tra l’ingegnere e il sedicente
mago, accompagnato dall’entrata in scena di più personaggi che esemplificano
ancora di più il senso della storia, rappresentando l’immaginazione e la
capacità descrittiva dell’autrice. Nella Milano d’agosto, complice ancora una
volta il Jamaica, stavolta visto come il luogo dove si snodano trame intime ed
emozionali, i destini si conciliano e tutto si può riscoprire, come la capacità
di amare e – addirittura – ci si può considerare maghi davvero (se la
pranoterapia può definirsi magia...) e non più truffaldini mistificatori di
poteri che non si hanno.
Wilma Minotti Cerini costruisce
con mestiere un romanzo dal doppio binario, che da una parte vuole divulgare una
Milano perduta attraverso il rievocare un locale simbolo di quel tempo, e
dall’altra assicura al lettore una storia godibile e fresca, dal ritmo ben più
avvolgente di una arsura d’agosto.
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