Appare
determinante per cogliere appieno la lettura dei testi poetici di Nicoletta
Corsalini il soffermarsi sul dialogo che le sue parole attuano con le belle foto
di Tony Vaccaro.
Le poesie della
Corsalini si impregnano del bianco e del nero degli scatti del fotografo, bianco
e nero intesi come i colori che meglio delineano i contorni di un'immagine e che
in questo caso rappresentano nella loro semplice essenzialità i volti della
nostalgia; nostalgia di un passato che si affaccia muto nel presente, con
ingenua tristezza. E nei versi
dell'autrice scaturisce il medesimo di perdita, espresso da una sensibilità
dolorosa rispetto ad uno “strappo” umanissimo: la propria coscienza osserva il
mondo e se ne disgusta, pure senza rinunciare ad attraversarlo.
La realtà per la
Corsalini è forma di storia che parla attraverso il ricordo, mutuata anche nelle
foto di Tony Vaccaro che esprimono nell'immagine un passato fatto di migranti,
povertà e sogno; anche se per l'autrice la disillusione è ormai giunta,
sofferenza ed abbandono che non trovano più viatico nella speranza.
“sei l'ultimo
porto, dove attraccano | malati terminali | sei realtà di confine | dalla vita... alla
morte.”
Così per la
Corsalini si delinea il concetto di realtà e come negli altri testi si assiste a
un senso crepuscolare dei versi, declinati a uno sviluppo lirico in cui l'io
diventa preponderante, quasi troppo invadente.
Con un gusto che
si rifà alla poesia di primo novecento e con l'utilizzo di figure retoriche che
a volte imbavagliano una maggiore forza espressiva, l'autrice non si addentra in
sperimentazioni linguistiche ma lascia permeare la sua silloge da un gusto
antico percorso interamente dal proprio universo emozionale.
“sai quanto
avaro diventa l'oro del | sorriso che amaro stinge | il rosso della rosa, | l'azzurro
dell'ortensia”: a contatto con il candore
immaginifico delle foto di Vaccaro, la Corsalini depone i suoi colori.
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