Giancarlo
Micheli costruisce una trama singolare, sospesa tra storia, mito e misurata
invenzione. La figura di
Giacomo Puccini viene ricostruita attraverso un racconto che ne esalta
l'universo più intimo con le sue contraddizioni e il suo genio; parla della sua
famiglia e del legame affettivo con persone carnali che riecheggiano quelle che
vivono nelle sue opere.
Un riflesso
nella personalità del Maestro che Micheli riesce a costruire con abilità,
introducendo nella narrazione elementi storici frammisti a una costruzione
immaginata della trama che evidenzia il gusto dell'autore verso una
rivisitazione della memoria che nella pagina diventa la viva matrice dei
personaggi; personaggi che non sono i soli protagonisti, posti come sono in uno
scenario e in una ambientazione che fedelmente ricalca, anche nell'utilizzo del
linguaggio (in diverse parti, un deciso versiliese) la vita del tempo.
Particolare
attenzione pone il Micheli nel tratteggiare figure che attorno al Maestro
recitano un ruolo di primo piano e non comprimario, con una acuta ispezione
psicologica che concede a loro un ampio respiro di partecipazione e commozione.
“E pensava
che l'amore è la potenza e il negativo del potere (....) cenere al prezzo del
desiderio, questo è il potere; e pensava Don Giuseppe, il male.”:
la scrittura dell'autore è densa, appassionata seppure nell'apparente distacco e
ricorda i moduli narrativi del verismo italiano intinti in una eleganza formale
propria del gusto francese.
Grazie alla
capacità del Micheli di offrire al lettore una trama non banale e non
agiografica – riferendoci alla figura di Puccini – si assiste alla creazione di
un romanzo davvero interessante, da cui viene bandita ogni retorica e si
mantiene intatta l'attenzione nel seguire la vicenda di ogni personaggio, ben
inserita nel contesto principale.
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