Geografia Interiore
“porto con me le assenze /
e le riempio con segni d’eterno / con i sensi che entrano / negli occhi come un
tocco”: in questi versi si evidenzia
chiaramente il senso di quella “geografia interiore” che oltre a dare il titolo
motiva questa raffinata silloge, sospesa tra ricerca di sé e dell’altro da sé, e
relatrice di un tempo permanente e non più effimero.
Nella nota al libro si parla
di una poetica che si pone come“interrogativo aperto” sulla “scommessa con la
vita”. Una definizione particolarmente azzeccata, per un autore decisamente
attento al linguaggio, cultore della metafora ma non paladino di vuota retorica.
I testi di Giovanni Sato
sono infatti vibranti, accesi, appassionati, vivi.
Vi è sentimento, senza che i
testi virino al sentimentalismo, e la ricerca di un senso di assoluto, a partire
da un quotidiano umanissimo e personale, anima quel “rigenerarsi continuo”
dove “Il viaggio è una ricerca / di messaggi in bottiglie / rimate dagli
oceani / e indirizzate fin dentro / le nostre immensità”.
Nei versi dell’autore si
motiva la volontà di sollevare la propria “geografia”, personale e interiore, al
fine di allargarla e abbracciare lo spazio, e il tempo altrui; un vagheggiamento
ad una comunione universale implicitamente laica e consapevole, che permette di
concepire una nuova via “(..)per vivere oltre / il visibile / della terra”,
al riparo da “battiti senza cuore” e con la percezione dell’immanenza
dell’essere: tutto è già qui, nel momento vissuto, nell’attimo che trascorso si
rende memoria.
La poesia è per Giovanni
Sato strumento e fine, veicolo di emozione e conoscenza, nonché messaggio di
rivelazione per chi agisce come chi aspetta e ricerca una percezione del
sublime attraverso la propria arte: “l’uomo con la penna in mano
/
scrive / nell’attesa di un cielo” , uno stato libero e colmo di meraviglia
dove poter dire “voglio vedere un’alba / e scorgere in essa / tutte le poesie
del mondo”.
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