Simone Morano è un autore
giovane, al suo esordio letterario con una opera che esprime un disincantato
approccio all’amore e alla figura femminile attraverso una poetica intrisa da
ironia ma lontana da un troppo facile giovanilismo.
L’autore utilizza il verso
libero, strumento in questo caso efficace per trasmettere insieme leggerezza e
profondità del sentire, cogliendo a piene mani quegli ambiti del quotidiano dove
sovente si camuffa - senza riuscire veramente a nascondersi - la nostra vera,
timorosa e complessa interiorità.
“Un’età semplicemente
scorretta | e prende il volo con un sospiro | Dov’è la bimba che mi sorrideva in
metropolitana? | Ha ventisei anni e mi sta rubando i peli. | E’ maggio, ma sembra
vero.”: in Simone Morano troviamo la capacità di costruire
immagini/metafora che raccontano l’evoluzione di un giovane uomo con il gusto
del paradosso e della sperimentazione (alla giovane Holden, per intenderci..),
che chiede orrore, vertigine del peccato, una storia a forma di cielo
mentre l’assoluto si presenta come “quel tumore che è dio addormentato
| quelle
gocce sullo specchio”.
L’autore scrive “essere
giovani significa pensare la vita infinita”: la vita infinita di Simone
Morano è l’infinita sottigliezza con cui scruta il reale che lo circonda
attraverso una penetrante acutezza che non risparmia nulla, neppure a sé
stesso, nella concretezza più piena del sentire. L’autore dimostra una discreta
maturità nell’interfacciarsi con un modulo poetico che cerca una propria forza
sperimentale nella genuina e immediata versificazione che compie senza rifarsi
a modelli prefissati, garantendo quindi incisività e originalità alla sua
opera.
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