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“Come potrò conoscere lo scadere delle sei ore, se non ho con me alcun oggetto che indichi il tempo?”
La domanda che Peter, il protagonista del romanzo di Wilma Minotti Cerini, pone all'inizio del suo percorso spirituale all'interno di un luogo di devozione e di culto scandito ogni sei ore dal suono di campanelli, introduce immediatamente il lettore dentro la trama del libro, improntata a una ricerca di un “nuovo tempo” e di una nuova serenità a dispetto dell'incomunicabilità e dal senso di ineguatezza che attanaglia il mondo contemporaneo.

La ricerca di una “lingua universale” alimenta le intenzioni di Peter, frustato scrittore di gialli che alimenta la sua satura vena letteraria di pruriginose storie di cronaca; la sua partenza verso un misterioso monastero indiano, da dove torna miracolata di una incomprensibile serenità la sua amica/compagna Mirit, sembra un passaggio da sempre intimamente atteso, inevitabile.

L'incontro con le proprie “ombre”, materializzate magicamente alla presenza del Santo/Maestro nel monastero, il dialogo sul libero arbitrio e sulla possibilità di intervenire su ciò che sta in mezzo i due punti cardinali della vita (nascita e morte), il tema della compassione e del riconoscimento della propria essenza ultra terrena (“noi siamo qui per discernere fra prove ed errori” dice il Maestro a Peter nel loro lungo colloquio) contraddistiguono una narrazione scandita dalla ricerca dialogica della propria spiritualità.

I figli dell'illusione sono per l'autrice i peggiori esempi del mondo attuale, voragine nella volontà di una più pura creazione, coloro che cercano “il potere per il potere” e stigmatizzati dal Santo come chi, ben più temibile e raccapricciantie di una iena, ha uno sguardo “che non si fa leggere”, mentre preferibile è chi, benché fosco, riesce a farsi decifrare da altri occhi umani; Peter forse poteva diventare uno di loro, colmo come era di abulia e insofferenza all'inizio della narrazione?

Ancora aggrappato alla vita, per la prima volta cosciente del suo amore per Mirit, Peter è un figliol prodigo che compie una parabola di salvezza attraverso una nuova coscienza di sé: un vero e proprio percorso mistico che nella narrazione di Wilma Minotti Cerini diventa esplicazione del significato del karma e delle sue rivisitazioni.

Recensione
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