La poesia di
Leda Palma è colma di riferimenti a temi e figure legate al mondo arabo, che in
una versificazione originale reinterpreta elementi di questa cultura, in primis,
la mistica della natura.
Complice
dell'autrice è una notevole capacità germinativa di immagini, che l'utilizzo del
verso libero rende particolarmente accattivante nella sua piena espressività; la
Palma padroneggia la sua lirica, rendendola insieme indipendente e viva in un
ritmo garantito dal climax della sua ricerca dialettica.
“(...)
un'unghia d'avvenire fruga | l'atlante che caldo gira | in un cavo di mano | su un
punto spiuma – un riposo – | di giallo – | quanta saggezza assorbo tra le
mani | quest'anima si allarga | si schiarisce”: il suo
viaggio è insieme reale e immaginario, straripante di visioni in cui si fa largo
prepotentemente una spiritualità evocativa, dal timbro quasi mistico; il
viaggio, come la poesia stessa, è la sintesi di una salvezza per altri versi
introvabile.
L'Oriente
ingloba per l'autrice una storia che va ben oltre i confini geografici,
retrocedendo nel suo intimo, permettendo una contemplazione interiore sempre più
profonda.
Il paesaggio,
nella rappresentazione che gli offre la parola, diventa veicolo di confronto tra
gli uomini in un territorio martoriato dalle guerre, che pure conserva una
grande bellezza e in cui si agitano germi di vita purissima che l'autrice
trattiene nel verso, in una “linea leggera fra ricordo e oblio”.
Un lavoro
davvero degno di nota, di cui sottolineare la rivisitazione interiore di simboli
che non appartengono solo al mondo arabo, ma sono elementi di storia universale.
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