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“Non sai dell'Africa | viaggerai molto, padre, | una manciata d'attimi | t'ho vissuto”: in un solo verso della poesia di Raffaella Bettiol si condensa il significato di una silloge tesa a esprimere e raccontare “ipotesi d'amore”, riemerse dal passato e vigili compagne del tempo presente.

Con una limpida ricercatezza formale che sottolinea lo stile dell'autrice, la Bettiol sollecita il suo universo intimo per indagare emozioni e crescita interiore, in passaggi dove il ricordo diventa sensazione viva e indelebile di un momento trasferito direttamente dalla memoria al verso.

E' il caso della sezione intitolata “Familiari”, in cui l'immagine dei genitori è dialetticamente trasposta al presente, rivissuta e ripercorsa nella quotidianità di allora che per l'autrice scandisce momenti indicativi di una comune storia.

Raffaela Bettiol personifica il tempo, a cui rende i colori e i rumori: “notte d'inverno | tra aiuole di nubi | dolente la voce | radice del grido. Sfiori il mio volto | già conosci |il rischio d'una sorte. | Io non sapevo | l'alba dell'acqua”.

Importante strumento della poetessa è una sensibilità lirica che esplora efficacemente tutte le sue potenzialità espressive e che si rivolge a interlocutori differenti ma sempre simboli particolari del proprio universo emozionale, appunto svolti in “Ipotesi d'amore”.

“(...) poche cose e sei fuggita | una valigia è rimasta aperta | il sole insiste sulla terrazza”: i piccoli gesti, i luoghi del quotidiani trascorrono in questo flusso dialogico di Raffaella Bettiol, contrappunti allo sgomento e al rimpianto che talora si manifesta nei suoi versi.

Si caratterizza in ogni caso nell'autrice una volontà terrena di vita, seppure dedicata a un percorso laicamente mistico, che affonda nel ricordo per sollevare emozioni in un rinnovato moto di sensibilità che rende giovane il tempo | le sue mani sul mio volto.

Recensione
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