Gianni Calamassi è un autore
particolarmente attento alle parole, ai loro molteplici accostamenti e alle
sfumature che aggiungono nuovi significati e nuove possibilità interpretative.
Attraverso un lirismo intenso ma
non scontato, l'”io” dell'autore gravita in quelle “ombre” che tanto
caratterizzano la sua scrittura, attivando quella ricerca emotiva e lessicale
che gli consente di motivare squarci di ragione e consapevolezza espressiva
sempre più definita e matura.
Gianni Calamassi interroga la
sua solitudine con pacata lucidità e sensata ragionevolezza. Lontano da punte
emotive e scontati accessi tanto cari ad una lirica più ridondante ed illusoria,
l'autore sedimenta nella sua riflessione le motivazioni stesse della sua
scrittura e della sua necessità. Nei suoi testi si evidenzia il cammino di un
passaggio interiore che prima di ogni cosa – e di ogni esteriore gioco verbale –
pretende di svelarsi a sé stesso, e di accudire appunto le proprie “ombre”,
strumento di conoscenza in cui si raccoglie il più intimo sentire.
“Nel mito che scompare | e
scandisce il disincanto | (..) | mi confortano | brandelli di oscurità e, | si compierà
il miracolo | per sopravvivere all'eternità | (..)”: questi due versi
interpretano bene a quale oscurità si riferiscano le “ombre” di Calamassi.
L'oscurità mitigata dalle forme stesse che la animano e che, nel loro movimento
incessante, generano luce e comprensione verso ogni brandello di umano.
|