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Angiolo Bandinelli è un autore dal pungente sarcasmo, pure se dissimulato da una sapienza espressiva che lo rende meditato narratore di atmosfere rarefatte e surreali. Lo scrittore, conscio di gravitare nella dimensione illusionista e insieme più ferocemente realistica delle parole, scava all'interno di storie apparentemente semplici, ritratti di uomini sedotti dall'incapacità di scegliere e di determinarsi. Ma è proprio così?

Il lettore raccoglie nella narrazione di Bandinelli un capiente immaginario costruito dalla sapienza dello scrittore, che lo porta ben più in là dello scarno concetto di una momentanea risoluzione per i suoi personaggi. I racconti che compongono l'opera possiedono lo stesso registro di stile, la stessa forma asciutta che aderisce magistralmente alla connotazione narrativa di una trama agile, arricchita di dialoghi interiori pur non infittendosi in un solipsismo d'occasione.

La struttura dei racconti è intimamente permeata da un io narrante, anche se in terza persona, che analizza con partecipazione compassata il viaggio interiore nella incapacità di trattenersi per lanciarsi, osare, spezzare linee invisibili che sormontano la volontà. “Scavare, come talpe, percorsi lungo i quali distrarre il quotidiano, allontanare l'aggressione dell'essere ancora ragazzo, quella sua solitudine fatta di pena (...)”: la metafora per Bandinelli diventa una intera misura in cui esprimere l'intensità di una sofferta emozione, da rintuzzare “distraendosi”.

La godibilità del libro è particolarmente evidenziata da un lessico appropriato ma non ostinatamente “letterario” che fornisce al lettore uno strumento di riflessione non tedioso ma avvincente, ricco di spunti.

I periodi brevi, la forma dialogica, consentono una lettura che si fa maggiormente interessante mano a mano che si procede nello sfogliare le pagine. Davvero un lavoro degno di nota, anche nello stile e nella sua formulazione in racconti che aderiscono perfettamente, ognuno con originalità propria, alla tematica della “non scelta”.

Recensione
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