Veniero Scarselli utilizza la
forma del poema per indagare crudelissimi aspetti della società contemporanea,
fornendo una catarsi espressiva dell'esodo emotivo di una società trasmessa –
nelle sue parole – come Gran Pattumiera. Così Scarselli crea una
narrazione che si trova al limite tra poesia e prosa, costruendo una opera che
riecheggia l'epopea del mito seppure rivolta ad uno scabroso futuro da
riabilitare mediante l'artifizio del digitale.
Il tema della tecnologia
estrema e le sue diverse concezioni è di certo abusato ma Scarselli lo affronta
in maniera originale costruendo una potenzialità di immagini che solleticano la
fantasia del lettore, ponendolo su un piano di attenzione e riflessione.
La prosa poetica di Scarselli
è feroce nell'esporre il suo evidente sarcasmo ma compie anche un percorso di
riflessione inevitabile nella nostra contemporaneità.
Complice dell'autore è
indubbiamente una matrice scientifica del proprio vissuto - Scarselli è un
biologo di professione - che sedimenta nell'opera un crudo realismo ma anche una
efficacia di lettura nei meandri del futuro, partendo da una visione volutamente
(ma solo apparentemente) fredda rispetto al genere umano.
Veniero Scarselli traduce un
immaginario del futuribile digitale senza scomporsi o dilaniarsi intimamente,
con la fredda analisi di uno scienziato che dall'esterno osserva muoversi la
macchina umana.
Ed è questo voluto e
inevitabile distacco che sottolinea la forza espressiva e l'estrema volontà del
poemetto.
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