La cifra stilistica dell’opera
di Angelo Andreotti è caratterizzata da uno spiccato utilizzo della metrica e da
un sapore classicheggiante che in ogni modo non rinnega originalità e
sperimentazione.
Paolo Vanelli nella sua
prefazione al libro parla di una poesia del “movimento continuo”, indicando nel
fluire di immagini, forme e ritmi la peculiarità della lirica di Angelo
Andreotti, orientata verso il superamento di dogmatismi (conciliando
espressività e ricercatezza formale) che vedono solo nello sperimentalismo più
spicciolo la versione più avanzata di originalità.
L’intimismo dell’autore si
rappresenta in un caleidoscopio di sensazioni che scaturiscono da una visione
introspettiva e delicatamente intima del mondo circostante, accompagnata da un
mistico senso del mistero lasciato a sedimentare dietro l’immediatezza
dell’incontro con la natura.
“più oltre | ai margini
dell’orizzonte | i sogni stanno | per poi congedarsi | con la sveltezza timida di un
gesto | colto da un’improvvisa intimità | trovata nel punto esatto in cui dio
| si
consuma in nostalgia di futuro”: in questi versi ben si esemplifica la
poetica di Angelo Andreotti, sospesa tra quel senso di ignoto che sovrasta ogni
possibile soluzione terrena e l’abbandono cosciente alla sensazione di
trascorrere insieme a un tutto in perenne movimento, afferrabile solo in
porzioni accessibili all’ultra corporeità propria della poesia.
Un percorso, quello di Angelo
Andreotti, che racconta con struggente delicatezza la volontà di una attesa che
prevede sempre un ritorno – nonostante tutto – “intanto che il futuro si
rimargina”.
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