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Ombelico di luna
La poesia senza tempo di Nevio Nigro è ben
sintetizzata nel metonimico titolo scelto per questa raccolta: "Ombelico di
luna". Sotto il termine "ombelico" viene allegoricamente intesa la centralità
della parola, di qualsiasi parola sapientemente misurata e levigata da Nigro che
con mano da scalpellino ritaglia nel bianco marmoreo della pagina, la luna -
appunto, l’alto rilievo dei suoi versi.
Ma lunare è anche la presenza femminile, luminescenza
nella notte, guida alla stregua della donna angelicata che viene rievocata
nell’immaginario dell’autore, tracciando una ideale linea rossa che dagli
stilnovisti conduce a Montale e approda ai giorni nostri in scritture, come
quella di Nigro, che trovano nei dettami della tradizione intensità e forza per
rinnovare il genere lirico. La presenza femminile che rende tremulo il buio e
che lo porta ai nostri occhi non più così sinistro, ma vivo e presente, fatto
corpo silente del giorno: "Carezze brune / e dolce non parlare. / Come
il mare di notte, / quando tace."
Salvando ciò che necessario nella rete della propria
trama, Nigro rende sensi ed elementi partecipi di quelle che si possono definire
epifanie di intimità, spesso annunciate proprio da un’umanissima e malinconica
presenza in seconda persona.
La scrittura di Nigro si qualifica per un’icasticità
che può ricordare i versi più limpidi di Sandro Penna e per una attenzione
metrica (con preferenza per i novenari) più che consapevole (una per tutte, si
legga la poesia dal titolo Lontananze). La sua è una poesia che non
distrae dalla solitudine, ma la accompagna, echeggiando il canto notturno di
leopardiana memoria (non a caso è la luna ad attraversare secoli di poesia con i
suoi pallidi raggi): "Sotto il peso del cielo / profonde solitudini / ed un
deserto canto.".
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Recensione |
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